Mario Luzi, poeta oltre il silenzio e la parola

La sua profonda sensibilità spirituale nella testimonianza di un teologo che gli fu amico. E che lo avvicina a Karl Rahner

«Un uomo tenero e attento, un’umiltà che è anche sintomo di una ricerca di fede»

di Bruno Forte

La profondità della sensibilità religiosa di Mario Luzi mi sembra testimoniata limpidamente in una lettera che ebbe a scrivermi negli ultimi tempi della sua vita. Era il 24 marzo 2004 e Mario aveva assicurato la sua presenza a una conferenza che avrei tenuto a Firenze. Glielo impedì il freddo e il raffreddore. Ne trasse spunto per una simpatica metafora: «È vero che i ghiacciai dell’ontologia, come li chiamava Mallarmé, ti sono familiari e la tua acclimatazione (scriveva dandomi un merito che non ho) è ben più sicura della mia; ma ricordo come un cimento davvero impari una sera a San Miniato dove eravamo stati convocati tu, Vannini e io. La basilica era talmente gelida che il pubblico fu autorizzato a tenere in testa il copricapo… Tu invece indisturbato intrattenevi, o meglio, impegnavi gli ascoltatori con il calore dei tuoi argomenti. Si produceva naturalmente quella superiore ambiguità dell’ardore all’estrema altitudine delle nevi».

È qui che l’uomo Luzi, tenero e attento nell’amicizia, si affaccia in tutta la sua ricchezza interiore, guardando con occhi di benevolenza l’amico, ben al di là della realtà: «Mi ha colpito — scriveva — fin dagli inizi della nostra pur molto sporadica frequentazione questo coesistere affabile e persuaso nel tuo giro vitale dell’affettivo, diciamo così terreno e domestico, con la speculazione più rigorosa. Più rigorosa ma anche più umile: e di questa in particolare ti ringrazio, perché spesso conforta i miei pensieri malcerti, ma soprattutto mette a fuoco le mie certezze umane e cristiane talora vacillanti». È l’umiltà del grande Luzi che qui emerge, fino a cogliere nella fragilità di alcune parole dell’amico l’abisso da lui stesso cercato e amato: «È del resto questa felice commistione che ha prodotto i tuoi primi versi che poi si sono addentrati nei penetrali di silenzio e parola come linguaggio di Dio: il linguaggio che ha tenuto con te e con ogni altra creatura».

Lettere
Una ricchezza interiore capace di andare oltre la quotidianità

Ed ecco che cosa diceva lo intrigasse nei nostri discorsi: «Per questo possiamo ascoltarti come poeta mentre detti dolcemente e perentoriamente le tue nude e commosse frasi a una pagina che ha sempre l’accento definitivo, anche se ne genera altre ugualmente definitive con le stesse parole o con parole poco variate. Il fatto è che tu spingi sempre più spesso il tuo “dire” verso il profilo più alto del problema dov’esso tocca il suo ultimo aut-aut, essendo dopotutto una partita antico e nuovo testamentaria che discende dai profeti ma è combattuta nell’oggi da cui non ti astrai ma vivi appunto in una prospettiva di fede e di speranza». Qui Luzi cita qualche verso, da me scritto in rapporto alla carne del Figlio di Dio e a lui particolarmente caro. Oso riprenderlo per offrirlo in memoria di Lui: «Lasciami citare—continua Luzi—una tua “profezia” dove mi pare che tu ci sia tutto: Per la Tua carne / i morti parleranno / parole piene di amore. / Cadranno i muti silenzi, / cadrà / l’antica paura d’amare. / Silenzio e parola, / allora, / si baceranno. / Le piaghe del Tuo Corpo glorioso / diranno le parole non dette, / custodia / all’infinito dolore del tempo. / Sarà gioia / senza fine. / Sarà il Regno: / Tu tutto in tutti, / il mondo intero / carne risorta / per la Tua carne, / crocefisso Amore…».

La lettera di Luzi si chiudeva nell’eco di una sintonia aperta al cammino futuro, nascosto in Dio e nel Suo amore: «Con queste tue parole ti saluto e ti auguro ancora buon e proficuo lavoro, e buona salute per poterlo attuare. Il tuo Mario Luzi». Così si chiude questa breve testimonianza in ricordo di Lui, chiedendo all’Eterno che si realizzi nell’amico Mario, e poi in tutti noi, la promessa di Gesù: «Io vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno potrà togliervi la vostra gioia. Quel giorno non mi domanderete più nulla» (Gv 16,22). Fanno eco a queste parole quelle della preghiera di un grande teologo del Novecento, Karl Rahner, carica di tanti motivi cari a Mario Luzi, e che perciò mi par giusto citare ricordando Lui: «Allora Tu sarai l’ultima parola, l’unica che rimane e non si dimentica mai. Allora, quando nella morte tutto tacerà e io avrò finito di imparare e di soffrire, comincerà il grande silenzio, entro il quale risuonerai Tu solo, Verbo di eternità in eternità. Allora saranno ammutolite tutte le parole umane; essere e sapere, conoscere e sperimentare saranno divenuti la stessa cosa. Conoscerò come sono conosciuto, intuirò quanto Tu mi avrai già detto da sempre: Te stesso. Nessuna parola umana e nessun concetto starà tra me e Te. Tu stesso sarai l’unica parola di giubilo dell’amore e della vita, che ricolma tutti gli spazi dell’anima» (Karl Rahner, Tu sei il silenzio, Queriniana). Sarà quella la poesia di Dio, di cui la poesia terrena di Mario Luzi è stata in tanta misura eco e corrispondenza…

(Arcivescovo di Chieti-Vasto)

Appuntamento con l’inedito

L’Associazione «Mendrisio – Mario Luzi Poesia del Mondo» (www.marioluzimendrisio.com), in occasione del sesto anniversario della scomparsa del poeta, presenterà domani alle 17.30, presso il Museo d’Arte di Mendrisio, una plaquette (centosessanta copie numerate) dell’inedito di Luzi—con una nota di Stefano Verdino — intitolato Fu lento, che qui anticipiamo per gentile concessione. Questa plaquette, oltre la trascrizione del testo, contiene un’anastatica dell’autografo, ed è stata realizzata da Joseph Weiss Edizioni Mendrisio. L’avvenimento è anche motivo per un incontro sugli scritti religiosi di Mario Luzi, La parola di Dio. Ad esso, tra gli altri, interverranno Carlo Croci (sindaco di Mendrisio), Gianni Festa (priore di Santa Maria delle Grazie di Milano), Paolo Mettel, Stefano Verdino e Andrea Fazioli.