Mario Luzi a Casa Croci (visita online la mostra)

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PIANO TERRA: INGRESSO E STANZA 1

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Ritratto di Mario

Ritratto di Mario

Il borgo e la madre

Quando Mario Luzi nel 1960 ripubblicò da Garzanti le sue prime raccolte, con il titolo complessivo Il giusto della vita, mise – come premessa – una poesia nuova, Parca-Villaggio, che voleva essere una sintesi di quel primo ventennale percorso (1935-57). In questo testo è la Parca del villaggio a parlare, la custode delle vite e delle vicende di un luogo in cui “impassibile / il tempo porta e scaccia volti umani”.

Bene, tale villaggio non è una finzione letteraria, ma fa riferimento al paese avito, dei genitori di Mario Luzi, Samprugnano (dagli anni ‘60 Semproniano), nell’alta Maremma senese. Il paese della schiatta materna dei Papini, che lì hanno la farmacia, il paese dove il nonno paterno, Giuseppe, marchigiano (di Montemaggiore al Metauro), si era trasferito negli anni Settanta dell’Ottocento, come maestro elementare, e aveva messo su famiglia.

piano-terra-stanza1_aIn questo paese Mario passa tutte le estati fino alla giovinezza, mescolandosi alla varia tribù di zii e cugini, e quella vita rurale si incide profondamente nei suoi versi, dapprima con il congenito sentimento della natura, che trapela dalla Barca, e poi, nelle tre successive raccolte dell’immediato dopoguerra (Primizie del deserto, Onore del vero, Dal fondo delle campagne), con il pieno riconoscimento di appartenenza a quel “popolo”, ad un ritrovato senso di comunità e carità.

Questi versi trasmettono molte immagini della campagna e della vita in essa, e proprio la dimensione comunitaria e ciclica di provvisorie esistenze viene ad assumere un significato, quale è per l’appunto “il giusto della vita”.

Sono poesie come sequenze di film in bianco e nero tanto sono ricche di movimenti e di scarne immagini, in cui si alterna il “mesto rituale della vita” con la sua “giustezza”. Peraltro anche la vita del fiorentino Mario non era, alle origini, una vita del tutto cittadina, il borgo di Castello dove era nato il 20 ottobre 1914 (allora frazione di Sesto fiorentino) aveva anch’esso una forte dimensione rurale.

Cronologia

Cronologia

piano-terra-stanza1_cIl giusto della vita è dedicato a sua madre, figura cruciale nella sua vita, tanto che è possibile scandire la vita di Luzi, con lo spartiacque della sua morte, il 9 maggio 1959.

Ancora del tutto nel suo nome è il successivo Dal fondo delle campagne (1965); è il libro che riconsegna alla terra, a quella profonda campagna, quella specifica esistenza tra i “murati nella crosta di questo corpo luminoso”: così gli appare la “terra toscana” in Dalla torre, una delle sue più alte poesie, ispirata alla vista dalla torre di Montalcino.

Ma la figura materna sarà presente ancora a grande distanza, nei versi del figlio ormai vecchio come Pasqua? (in Frasi e incisi di un canto salutare, 1990).

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PIANO TERRA: STANZA 2

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La parola patria per noi esiste, 2001

La parola patria per noi esiste, 2001

Firenze e Siena

Per un poeta del moto e del viaggio come Luzi sono molto importanti i luoghi ed anche quelli stanziali della sua vita sono sempre animati dal movimento. Firenze e Siena sono state le città della sua vita; Siena, la città della sua adolescenza di ginnasiale, la città dei primi amori, dei prediletti pittori della luce, come Simone Martini, ha sempre avuto una potente carica mitica, sempre più emersa nelle tarde opere (“Mi guarda Siena, / mi guarda sempre / dalla sua lontana altura / o da quella del ricordo”).
Vi sono evidenti anche risvolti materni, connessi alla città-grembo e femminile, mentre per Firenze, “la città partita”, il discorso è decisamente diverso; è la concreta polis del proprio destino di civis, la città della razionalità, geometrizzante e architettonica, ma anche visionaria, il cui duplice versante – ben siglato dalla Commedia – è sempre stato attivo nel Luzi ora gotico e neostilnovista (Quaderno gotico), ora neoplatonico (soprattutto negli ultimi libri). La “Città tutta battuta / camminata scarpinata” delle sue lunghe passeggiate, a Bellariva e altrove, ha conosciuto anche il suo impegno di testimone, in varie occasioni, non ultima la devastante alluvione del 1966 che ha una memorabile sequenza in un passaggio di Nel corpo oscuro della metamorfosi (in Su fondamenti invisibili, 1971).

piano-terra-stanza2_bPienza

Infine Pienza, il buen ritiro nella prediletta stagione dell’estate per oltre un ventennio (1981-2004). A Pienza Luzi capitò un po’ per caso, sulla scia di Leone Piccioni, che vi aveva casa di vacanza. Fu per molti anni ospite al Seminario di don Fernaldo Flori, che ne era il rettore; tra i due si sviluppò un’intesa profonda in “settimane di conversazione a due nelle pause, sotto i lecci del parco, durante camminate di giorno e di notte fuori e dentro il recinto del Seminario” (Don Flori, in Prose, Torino, Aragno, 2014, p. 359). Pienza è stata l’incubatrice e la fucina di tutta l’ultima stagione poetica luziana, da Per il battesimo dei nostri frammenti alla Dottrina dell’estremo principiante (2004), alle ultime poesie apparse postume, tra cui i versi scritti nell’ospedale di Nottola, nel settembre 2003, quando fu urgentemente ricoverato per una crisi cardiaca, versi che si leggono autografi in un cartiglio, vergati con mano tremante, quanto scolpiti con forza nel pensiero e nell’immagine. Tanta vigorosa creatività ha avuto le sue ragioni nella ritrovata solitudine e concentrazione essenziale, che l’”oasi” pientina gli ha offerto, consentendogli al meglio l’ascolto e la visione del grande codice della natura.

piano-terra-stanza2_aLe Marche e il mare

La geografia luziana come si sa è molto vasta: lungo l’elenco dei luoghi del suo pellegrinaggio umano, non privo di escursioni esotiche (India, Cina) e di momentanee stazioni europee, ma certo è l’Italia, nelle sue tanto varie contrade ad offrire il più ricco campionario (Venezia, Roma, Genova, Palermo, ecc.), per non dire di entità regionali specifiche in cui campeggiano le Marche e l’Umbria. In particolare le Marche, terra originaria dei Luzi, hanno avuto più di un accesso alla sua biografia: il Piceno natio di sua moglie Elena, cui dedica la prosa Adolescenza (ora in Prose) ed i versi di Domenica ascolana, trovati autografi in una sua agenda, ed occasionati dal matrimonio in Ascoli del nipote Andrea; il Montefeltro dei lunghi soggiorni come docente di letteratura comparata all’Università di Urbino, chiamatovi da Carlo Bo; la frequentazione con artisti ed incisori per stampe d’arte, particolarmente fiorenti nel territorio, come le varie iniziative promosse dall’Associazione la luna, animata da Eugenio de Signoribus; per non dire, infine, la concreta esperienza del mare.


PRIMO PIANO: ATRIO E STANZA 1

Il teatro

Dopo la poesia, il fronte letterario più attivo è stato quello del teatro, con l’inattuale scommessa del verso, di matrice eliotiana, e condivisa in quel tempo con Pasolini, ma ben motivata nella propria strategia letteraria, in quanto il verso scenico – diversamente da quello poetico – si muove nel costante oltraggio della storia e nella diatriba dei personaggi. A parte il preludio di Pietra oscura (1947, edito solo nel ’94) nove sono le pièces: Ipazia (1971-78); Rosales (1983), Histrio (1987), Corale della città di Palermo per S. Rosalia (1989), Io, Paola, la commediante (1992), Felicità turbate (1995), Ceneri e ardori (1997), Opus florentinum (2000-02), Il fiore del dolore (2003), su don Pino Puglisi. Quasi tutti i suoi drammi sono interessati ad osservare la forza di corruzione di un potere cieco e degradato, senza ideali e nemmeno ideologie. La dimensione tragica sta proprio nell’impossibilità nella storia di uscire da questa situazione, che non fa che replicarsi; si legge in Ipazia, il suo testo più fortunato e scenicamente ripreso (da Marco Visconti, Orazio Costa, Lamberto Puggelli, Roberto Zorzut ultimo nel 2013).

Video

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Corto di Annamaria Murdocca, Pienza 1995, 11 min.

Marco Cei in Impazia, Piccolo Teatro Milano, 3 min.

Sandro Lombardi legge la Via Crucis, Varese 2012, 9 min.

Opus Florentinum, Mendrisio 2002 9 min.

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Come lavorava Mario Luzi

Come lavorava Luzi? Mario era refrattario alla cattedra. La piccola casa di Bellariva era stivata di carte e libri, ingovernati; i luoghi compositivi, non erano la scrivania, in cui sbrigava la corrispondenza e dove ha stazionato fino all’ultimo l’antica macchina da scrivere Olivetti, acquistata negli anni Trenta dall’amico Leone Traverso, all’epoca precario rivenditore. Su quella macchina, vissuta in tutte le sue case fiorentine (viale Milton, via Galvani, via Nardi, Via Bellariva) e visibile d’estate anche a Pienza, Luzi ha ‘battuto’ quasi tutti i suoi versi, anche se le copie degli ultimi libri – a partire dal Simone Martini – erano passate al computer da Pier Franco Donovan (fino al 2002).

Ma le prime stesure dei suoi versi erano affidate in varia misura a piccoli notes, a fogli vari, in anni più recenti (dagli anni ’70 in poi) ad agende di anni trascorsi ed inutilizzate. In genere l’elaborazione era molto ampia, fluida e sicura nei molteplici abbozzi; una volta raggiunta una stesura definita e quindi dattilografata, non sono di norma molti gli interventi successivi (refusi a parte), così come Luzi ha del resto sempre corretto assai poco le varie riprese di propri testi già stampati. In questi notes e fogli la scrittura è spesso ardua, minuta, esito probabile delle scomode positure: sulle proprie ginocchia, sulle sedie di vimini dello studio, quando non da letto, in ore albali, come più volte ha confidato. Infine, dati i frequenti viaggi (per incontri e conferenze), a partire dagli anni ’70, Luzi ‘fuori casa’ spesso segnava prove di versi e frasi su fogli quanto mai occasionali (cartoncini d’invito, biglietti, ecc.).

primo-piano-stanza1_aNé Luzi si è mai curato di custodire le proprie carte, che o generosamente donava o distrattamente smarriva, come il clamoroso caso occorso allo scartafaccio giovanile della Barca, che conteneva anche una consistente quota di poesie compiute ed inedite: rimasto nella casa dei genitori, in via Condotta, finì insieme a vecchi libri ceduti ad un libraio, al momento di sgomberare la dimora, dopo la morte del padre Ciro nel 1965; riemerso nella fiera antiquaria fiorentina del 2001 e segnalato dal bibliofilo Beppe Manzitti, fu acquistato dal comune di Pienza (con l’aiuto della regione Toscana), mentre la quota inedita dei versi costituì le Poesie ritrovate (2003).


PRIMO PIANO: STANZA 2

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I libri di poesia

I libri di poesia

I libri di poesia: le prime edizioni

Non esiste una bibliografia degli scritti di Mario Luzi e non sarà facile farla. La sua attività è stata lunghissima, quasi settantacinque anni. I libri di poesia – da lui licenziati e posti in commercio – sono stati trenta, a questi vanno aggiunte le ‘poesie ultime’, edite postume; quindici sono i titoli di Garzanti (dal 1960 suo editore di riferimento, ma desiderato dal ’57 come illustra una lettera di Livio Garzanti all’autore).

Questi i titoli dei suoi libri di poesia:
La barca, Modena, Guanda, 1935; con gli autografi a fronte, Montepulciano, Le Balze, 2005.
Avvento notturno, Firenze, Vallecchi, 1940; Genova, S.Marco dei Giustiniani, 2004.
La barca, seconda edizione modificata e accresciuta, Parenti, Firenze 1942
Un brindisi, Firenze, Sansoni, 1946.
Quaderno gotico, Firenze, Vallecchi, 1947.
Primizie del deserto, Milano, Schwarz, 1952.
Onore del vero, Venezia, Neri Pozza, 1957.
Il giusto della vita, Milano, Garzanti, 1960 (raccoglie tutte le precedenti opere).
Nel magma, Milano, All’Insegna del Pesce d’Oro, 1963.
Dal fondo delle campagne, Torino, Einaudi, 1965 (edizione definitiva 1969 accresciuta di una poesia).
Nel magma, nuova edizione accresciuta, Milano, Garzanti, 1966.
Su fondamenti invisibili, Milano, Rizzoli, 1971.
Al fuoco della controversia, Milano, Garzanti, 1978.
Tutte le poesie, Milano, Garzanti, 1979, 2 voll.
Reportage. Un poemetto seguito dal “Taccuino di viaggio in Cina”, Milano, All’Insegna del Pesce d’Oro, 1984.
Per il battesimo dei nostri frammenti, Milano, Garzanti, 1985.
Tutte le poesie, Milano, Garzanti, 1988.
Frasi e incisi di un canto salutare, Milano, Garzanti, 1990.
Perse e brade, con una nota di S. Verdino, Roma, Newton Compton, 1990.
Viaggio terrestre e celeste di Simone Martini, Milano, Garzanti, 1994.
Tutte le poesie, Milano, Garzanti, 1998, 2 voll.
L’opera poetica, a cura di S.Verdino, Milano, Mondadori, 1998 (raccoglie tutte le poesie dell’autore).
Sotto specie umana, Milano, Garzanti, 1999.
Parole pellegrine, Introduzione di S.Verdino, Postfazione di C. Vitiello, Napoli, Pironti, 2001.
Poesie ritrovate, a cura di S. Verdino, Milano, Garzanti, 2003.
Dottrina dell’estremo principiante, Milano, Garzanti, 2004.
Lasciami, non trattenermi – poesie ultime, a cura di S. Verdino, Milano, Garzanti, 2009.

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Le prose

Il prosatore ha conosciuto solo uno specifico appuntamento con Biografia a Ebe (1942), breve ‘romanzo’ sentimentale e sperimentale, teso a mostrare “quanto possa essere avventurosa e naturale la nostra lingua, pure impoverita dagli stilismi degli scrittori contemporanei”, secondo quanto lo stesso autore scrive all’editore Vallecchi. Ma a più riprese elzeviri e prose varie sono stati raccolti in volumi e libretti (Trame, De quibus, Mari e monti), ora per gran parte leggibili in Prose presso Aragno (2014).

I saggi

L’ampio raggio degli interventi sulla stampa periodica moltiplica in modo esponenziale la firma Mario Luzi per elzeviri, recensioni, saggi e note critiche, prefazioni ed interventi vari. Alcuni scritti sono stati raccolti da Luzi come L’inferno e il limbo (1949), il suo testo più noto e ripreso, o Naturalezza del poeta (1995); ma vedi anche Prima semina. Articoli, saggi e studi (1933-46), a cura di Marco Zulberti, 1999; e il recente Desiderio di verità e altri inediti e rari, “Istmi”, 2014). Con Betocchi fu anche il principale animatore della “Chimera” (1954-55) presso Vallecchi (gli interventi militanti sono ripresi in Tutto in questione, 1965). Ma c’è stato anche il Luzi recensore ed elzevirista su quotidiani e rotocalchi come “Nuovo corriere”, “Il Popolo”, “Il Mattino dell’Italia centrale” (poi “Giornale del mattino”), “Tempo”, fino alle collaborazioni più continuative con il “Corriere della Sera” (1967-72 e dal 1990 alla morte) e “Il Giornale” di Montanelli. Molto importanti su questi quotidiani le cronache letterarie sul romanzo sudamericano ai tempi del suo boom, con le prime recensioni italiane di Borges, Garcia Marquez e Vargas Llosa (poi raccolte in Cronache dell’altro mondo, 1989).
Nè va dimenticato il Luzi francesista dal suo studio giovanile su Mauriac (1938) agli studi su Mallarmè (1952) e Constant (1962).


PRIMO PIANO: STANZE 3/4

primo-piano-stanza4_aprimo-piano-stanza4_bLuzi e il libro d’arte

Va inoltre rubricata una vera e propria galassia di plaquette fuori commercio (tra cui la suite di poesie civili Sia detto, edite nel ’95 come Annuario della Fondazione Schlesinger di Lugano) ed edizioni d’arte, che a partire dagli anni ’80 hanno conosciuto un incremento esponenziale; connessi a questi una nutrita serie di cataloghi d’arte, con un qualche scritto di Luzi (raccolti in Luzi critico d’arte, 1997), che ha sempre avuto molta intesa con il mondo pittorico sia dei classici (da Simone Martini a Masaccio a Piero della Francesca), sia dei grandi del Novecento (De Chirico, Morandi, Rosai), sia di non pochi contemporanei come Carlo Mattioli e Venturino Venturi e molti altri.
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Tra i molti libri d’arte si presentano:

Vola alta parola, prefazioni di Liliana Cavani e Massimo Cacciari, Edizioni Proposte d’arte Colophon, Belluno 1994.
Antologia di dodici poesie, in occasione degli ottant’anni di Luzi (“Parca-villaggio”; “Notizie a Giuseppina dopo tanti anni”; “Aprile-amore”; “Come tu vuoi”; “L’osteria”; “Las animas”; “Nell’imminenza dei quarant’anni”; “Augurio”; “Tra notte e giorno”; “Vita fedele alla vita”; “Muore ignominiosamente la repubblica”; “Vola alta parola”), tradotte ciascuna in tre lingue europee diverse – russo, bulgaro, rumeno, ceco, svedese, tedesco, fiammingo, inglese, francese, spagnolo –, con dodici incisioni di Agostino Bonalumi, Enrico Castellani, Piero Dorazio, Federica Galli, Piero Guccione, Riccardo Licata, Giuseppe Maraniello, Mimmo Paladino, primo-piano-stanza3_bToti Scialoja, Walter Valentini, Emilio Vedova, Giuseppe Zigaina).

Via Crucis al Colosseo. Testo poetico di Mario Luzi. Allegate 18 tavole policrome sulla passione di Cristo del pittore Venturino Venturi Poema scritto per la Via Crucis celebrata al Colosseo da Giovanni Paolo Secondo il Venerdì Santo 1999, anno della Redenzione. L’edizione è uscita il 20 ottobre in coincidenza con l’85° compleanno di Luzi. pp. 104 n.n. Composizione manuale con caratteri Caslon. Edizione numerata di 432 es. su carte diverse.


SECONDO PIANO: STANZA 1

secondo-piano-stanza1_aLuzi e la Svizzera

Intermittenti, ma non rari i rapporti di Luzi con la Svizzera. Il primo contatto fu un soggiorno a Zurigo nel 1947, ospite dell’amico Fredi Chiappelli, che insegnava allora in quell’università. Ci fu anche un frutto in versi: Crepuscolo a Zurigo, una poesia extravagante (ripresa solo nel ’90), di forte tinta esistenziale.

Nello stesso ’47 Luzi partecipa al premio Libera stampa di Lugano, animato da Eros Bellinelli, con una sua prima prova drammaturgica (Pietra oscura, edita solo nel ’94), proprio nella tornata che vide premiato Vasco Pratolini, con le Cronache di poveri amanti. Di Fredi Chiappelli sarà invece ancora ospite all’Università di Losanna, dove tenne un ciclo di lezioni di letteratura italiana per qualche mese nel 1964 (una scaletta di appunti lo documenta).

secondo-piano-stanza1_bsecondo-piano-stanza1_cIn anni più recenti si rubrica pure una presenza editoriale ticinese, con l’Annuario della Fondazione Sclesingher del 1995 composto dalla prima raccolta delle sue poesie ‘civili’ (Sia detto) e dall’intervista A Bellariva, che costituisce uno dei più importanti autocommenti ai proprio versi. Ulteriori iniziative editoriali – sia d’arte che ordinarie – sono state promosse da Paolo Mettel.

Ma il nesso forse più forte è stata l’amicizia con Giorgio Orelli (1921-2013). Orelli è stato uno dei più acuti interpreti della poesia di Luzi (il suo saggio Sul “mentre” nella poesia di Mario Luzi del ’70 ne è un caposaldo) e alla RSI si conserva un bel dialogo tra i due poeti registrato il 7 aprile 1996.

Giorgio Orelli

Giorgio Orelli

Incontro con

Mario Luzi e Giorgio Orelli

[audio:https://marioluzimendrisio.com/audio/luzi-orelli.mp3]

Di Orelli infine si legge in Il collo dell’anatra (2001) questa poesia per Luzi:

I nostri frammenti? Pannelli
di predelle smembrate. E questo è un fac
[me salvum] non dal Canto
dei Pazzi né da quello dei Santi,
ma dal Biscanto del Restauro Eterno.


SECONDO PIANO: STANZA 2

secondo-piano-stanza2_aPoeta europeo: le traduzioni di Luzi

La prima traduzione di un libro completo di Luzi è stata in inglese con Quaderno gotico (Gothic Notebook) su “Italian Quarterly” del 1948 ad opera dell’italo-americano Carlo Luigi Golino (1913-1991) allora insegnante all’Università della California.
Ma è naturalmente la Francia ad avere dato la maggiore udienza alla sua poesia, a partire dalle prime traduzioni di poesie scelte fatte da Antoine Fongaro nei primi anni ’60; negli anni ’80 e ’90 quasi tutta la sua poesia è stata tradotta ad opera di Philippe Renard, Bernard Simeone e Jean-Yves Masson. Anche il dramma di Ipazia e le prose (Trames, Lieux) sono stati tradotti oltralpe.
Traduzioni integrali di singoli libri di poesia sono presenti in inglese grazie all’opera di Luigi Bonaffini, in particolare per l’ultima fase poetica (For the Baptism of Our Fragments, 1992; Phrases and Passages of a Salutary Song, 1999; Earthly and Heavenly Journey of Simone Martini, 2003); annunciata imminente Sotto specie umana / Under human species.
Il Battesimo dei nostri frammenti è tradotto anche svedese (1994), mentre il Simone Martini si legge integralmente in francese (1995), spagnolo (2002), inglese (2003) e turco (1997). Assai fortunata anche la Via crucis al Colosseo del ’99 resa anche in catalano e in fiammingo. Primicias del desierto sono apparse in lingua spagnola nel 2006 a cura di Coral García Rodriguez.
secondo-piano-stanza2_bAntologie liriche sono state pubblicate, a partire dagli anni ‘70 in inglese, spagnolo, neogreco, rumeno, svedese, fiammingo, russo, bulgaro, croato, ceco, tedesco, turco, polacco e albanese. In spagnolo vi legge anche un’antologia di scritti critici (2007), a cura di Pedro Ladron de Guevara, che già tradusse un’antologia di poesie (1999).
Da segnalare infine la continua attenzione da parte della critica: tra i molti contributi monografici (Bo, Marchi, Manghetti, Quiriconi, Ramat, Scarpati, ecc.) ricordiamo il libro di Giovanni Fontana su Fondamenti invisibili (Il fuoco della creazione incessante, 2002), l’iconografia curata da Fabio Grimaldi (Vita fedele alla vita, 2004) e recentemente il fascicolo di “istmi” (34, 2014) con molti contributi, tra cui un Souvenir di Yves Bonnefoy.

L’uomo civile

Formatosi in pieno fascismo, Luzi apparteneva ad una cerchia intellettuale fiorentina per gran parte antifascista. Per quanto credente, non militò mai nei sodalizi cattolici e nel dopoguerra patì un certo disagio nella lunga controversia ideologica tra comunisti e democristiani. Fu comunque vicino a Giorgio La Pira, sindaco di Firenze negli anni ’50 e ‘60, e visse con indignazione il degrado politico e civile degli anni ’70, come attestano i versi memorabili di Muore ignominiosamente la repubblica e lo sgomento per gli ‘anni di piombo’.
Dagli anni ’90 ha intensificato i suoi interventi contro i diversi focolai di guerre internazionali (soprattutto le due Guerre del Golfo) e contro le derive populistiche e padronali della Destra italiana al potere, come attestano numerosi appelli ed interviste (vedi Le nuove paure e gli scritti civili raccolti in Desiderio di verità, “istmi”, 33, 2014).


SECONDO PIANO: STANZA 3

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Citazioni

Citazioni

Le riviste, gli amici, le ispiratrici

“Letteratura come vita” è il titolo di un famoso saggio del 1938 di Carlo Bo, che fu inteso come il manifesto dell’Ermetismo: si rifiutava l’esibizionismo biografico, di marca dannunziana, per una assoluta concentrazione verso la Letteratura, vissuta in modo quasi mistico e impermeabile ai coevi clangori della retorica fascista e imperiale. Il sodalizio e l’amicizia tra scrittori divenne intenso, così come il pullulare di varie riviste, animate da giovani, in cui pubblicare primizie, recensioni, traduzioni e notizie dalle culture europee (in particolare dalla Francia del Surrealismo e del rinnovato romanzo cattolico).
Anche Luzi fu assiduo collaboratore – con versi e prose critiche – della grande stagione delle riviste letterarie (che durò fino agli anni ’60), da “Frontespizio” a “Campo di Marte”, da “Prospettive” a “Primato” alla “Ruota”, e nel dopoguerra, da “Società” a “Costume”, “Il mondo”, “Inventario”, “La Fiera letteraria”, “Paragone”, “Tempo presente”, “L’approdo”, “L’albero”, “Palatina”, “il Caffé” e altre.
Suoi principali interlocutori furono, oltre al citato Bo, Carlo Betocchi, e Romano Bilenchi, il romanziere e giornalista, amico di tutta la vita. Altri compagni a Firenze furono il germanista Leone Traverso, Tommaso Landolfi, Vasco Pratolini, Alfonso Gatto, Piero Bigongiari, Alessandro Parronchi e Oreste Macrì. Una forte amicizia epistolare fu con Vittorio Sereni, che – prigioniero in Algeria – nel ’44 dette la prima notizia della sua sorte a Luzi, nella Firenze appena liberata. Altri significati carteggi con Caproni, Spagnoletti, Bertolucci, Pasolini, Cristina Campo e Margherita Dalmati, la clavicembalista e poetessa greca, che tradusse Quaderno gotico (1962 e 1991).
Varie figure femminili sono state importanti per la sua vita e per la sua poesia, dalla ragazza di Quaderno gotico all’architetto Grete Wootton, a Franca Bacchiega, ispiratrice di versi da Nel magma a Su fondamenti invisibili; infine Caterina Trombetti, il cui affetto ha vivificato l’ultimo decennio della sua poesia.

secondo-piano-stanza3_bAntologista e traduttore

Luzi è stato antologista della poesia francese, con Tommaso Landolfi, nel ’50; successivamente ha curato L’Idea simbolista, nel ’59, un vasto quadro della poesia simbolista in Europa dal secondo Ottocento agli anni Venti (significativamente stampata nella collana economica “Saper tutto” di Garzanti, tesa a coniugare alta cultura e diffusione a un vasto pubblico).

Ad intermittenza Luzi è stato anche traduttore, soprattutto dal francese: La cordigliera delle Ande, (Torino, Einaudi, 1983) raccoglie le sue versioni da Baudelaire, Mallarmé, Rimbaud, Valéry fino a Michaux e a Frénaud. Ha inoltre tradotto un romanzo di Montesquieu (Il tempio di Cnido) e l’Andromaque di Racine, anche se la più importante impresa è stata la versione del Riccardo II di Shakespeare scritta nel ‘65 per Gianfranco De Bosio e lo Stabile di Torino e per la voce di Glauco Mauri (in anni assai più tardi per Federico Tiezzi e Sandro Lombardi ha tradotto alcune Scene di Amleto, 2001-02, riprese in Parlate, 2003).

Tra le sue carte si sono rinvenute due versioni autografe e inedite, una da Catullo, l’altra da Rimbaud, che sono stampate per la prima volta nel catalogo di questa mostra.

secondo-piano-stanza3_cIl cinema

Fin da giovane, per tutta la vita Luzi è stato un appassionato frequentatore delle sale cinematografiche. Ed è probabilmente – per generazione – il primo poeta italiano (con Bertolucci, Bigongiari e Parronchi) ad essere stato così sensibile alla nuova arte, del tutto muta per i poeti precedenti, come Montale (abitato invece dal melodramma), ma ancora non avvertita da altri coetanei, come Caproni ad esempio. La figura della “star” (sia essa la Garbo o la Monroe) torna più volte nei suoi versi ed una poesia in Al fuoco della controversia è puntualmente una interpretazione della sequenza finale di Anna Karenina e del volto della Divina.

Sulla Garbo Luzi scrisse anche in gioventù, mentre negli anni ’50 Luzi fu anche ‘vice’ per la critica cinematografica sulla “Nazione”, il quotidiano di Firenze: Quelle note si posso ora leggere in Sperdute nel buio. 77 critiche cinematografiche, a cura di Anna Maria Murdocca, 1997.