Apparato critico

Stampe

mario luzi / nel magma / all’insegna del pesce d’oro / milano – MCMLXIII. Volume di pp. 40, numerate da p. 9 a p. 37. È il n. 23 della collana “Acquario”. Notizia sul poeta alle pp. 36-7. Indice a p. [39]. A p. [7] citazione da Orazio. Nell’explicit a p. [40] si legge: “Questo volumetto a cura di Vanni Scheiwiller è stato impresso dalla Stamperia Valdonega di Verona in 500 copie numerate da 1 a 500 più 50 copie fuori commercio per l’autore e il servizio stampa il 31 dicembre 1963”. Nel volume sono presenti undici poesie, il cui incipit è sempre su pagina dispari: “Presso il Bisenzio”; “Tra le cliniche; Nel caffè”; “Il giudice;” “Tra notte e giorno”; “L’uno e l’altro”; “Ménage”; “In due”; “Bureau”; “D’intesa’; “Ma dove”.

2a ed.: maggio 1964. Volume di pp. 44, numerate da p. 9 a p. 41. Ristampa del precedente con l’aggiunta di un autografo in facsimile alle pp. [35-7]. Notizia alle pp. 40-1. Indice a p. [43]. L’explicit, identico al precedente, è datato 31 maggio 1964.

3a ed.: mario luzi / Nel magma / garzanti [Milano 1966]. Nuova edizione accresciuta. Volume di pp. 72, numerate da p. 9 a p. 66. Finito di stampare il 2 maggio 1966. Indice alle pp. [67-9]; “Opere di Mario Luzi” alle pp. 63-6. Citazione di Orazio a p. [7]. Riprende le undici poesie delle due edizioni Scheiwiller con lo specifico titolo “Nel magma” (pp. 5-38), cui seguono le “Postille” (pp. 39-58), che comprendono sette poesie (“Prima di sera”; “Terrazza”; “Nella hall”; “L’India”; ‘Dopo la festa”; “Tra quattro mura”; “Accordo”). Alle pp. 59-61 la nota esplicativa, poi sempre riprodotta (e qui a p. 1491).

4a ed. in: Mario Luzi / Tutte le poesie / II. Nell’opera del mondo / Garzanti [Milano 1979]. Alle pp. 61-104.

5a ed. in: Mario Luzi / Tutte le poesie / “Il giusto della vita” / “Nell’opera del mondo” / “Per il battesimo dei nostri frammenti” / con un’appendice di testi inediti / Garzanti [Milano 1988]. Alle pp. 313-54.

6a ed.: settembre 1991.

7a ed.: settembre 1993.

8a ed.: gennaio 1996.

9a ed. in: edizione accresciuta maggio 1998.

Una prima serie di otto poesie di “Nel magma” è apparsa su “Questo e altro”, II, 4, 1963, pp. 10-8: dopo la citazione da Orazio, sotto il titolo complessivo “Nel magma” seguono: “Presso il Bisenzio”, “Tra le cliniche”, ‘Nel caffè”, “Il giudice”, “Tra notte e giorno”, “L’uno e l’altro”, “Ménage”, “Ma dove”. Per un’analisi specifica della raccolta e della sua rete intertestuale cfr. Verdino 1990, pp. 3-38.

Manoscritti

Non esistono manoscritti organici della raccolta; dalle carte a disposizione è stato possibile ricostruire una serie di ds. e una serie di aut. I fogli ds. sono completi per l’originaria serie “Nel magma”, mentre per le “Postille” si dispone di “Prima di sera”, “Nella hall”, “L’India”, “Dopo la festa”, “Tra guerra e pace” (primo titolo di Accordo). I fogli aut. di stesure complete e/o preparatorie sono relativi a “Presso il Bisenzio”, ‘Tra le cliniche”, “Nel caffè”, “L’uno e l’altro”, “Ménage”, “In due”, “D’intesa”, “Ma dove”, “Prima di sera”, “Nella hall”, “L’India”, “Dopo la festa”, “Tra quattro mura”, “Accordo”. Sono stati rinvenuti due foglietti con un elenco di titoli su due colonne in parte cancellati e/o spuntati. Il primo foglietto presenta un elenco numerato di testi, in maggioranza della raccolta “Dal fondo delle campagne” con alcuni inserimenti di testi poi in “Nel magma”:

1. fumo 2. a P. 3. telefono 4. Soldato 5. Montagne 6. Partenza 6. Petit montagnard 7. viso di —> 29 8. potatura — Colpi 9. Api 10. Marina 11. Notte di primavera 12. La solitudine 13. La speranza 14. Caccia 15. traghetto 16. Canto di donna 17. Pentecoste 18. Canicola 19. erba 20. […] 21. i vecchi 22. in fretta, in fretta 23. perduto 24. voce 25. Corriera 26. Rondini 27. rivolta in paese – giudicare 28. il vecchio nella morsa 29. viaggio 30. torre di vedetta 31. notizie

Su un margine del foglio altro avvio di elenco: a P. – tel – le petit montagnard – soldato – colpi – api – fumo – tra notte e giorno, tra cielo e terra –

Nel secondo foglietto altri titoli, per la maggior parte corrispondenti a quelli definitivi di “Nel magma”, altri allusivi alla situazione, altri relativi a testi di “Nel fondo delle campagne”:

Presso il Bisenzio il fiume                                    macchina ferma                                              intelligenza tra due in treno                              sulla terrazza ospedali                              potrebbe non esistere corrispondenze                        hall notte di paese                      colomba quanta vita                               film dell’India miracoli ‘ (un sorso d’acqua 1-5) Party incontro al caffè                      paesaggio il giudice                   pensiero intermittente 1 2 3 4 5 6 in mare                              pretonzolo verso Pisa con C. a F. Rendimento di grazia in auto in casa di C. artigiani gelosia bureau volto interno estasi; la bilancia Temple

I due elenchi dimostrano una prima fase in cui Luzi pensava a un unico libro complessivo, ma i sempre più evidenti diversi registri espressivi dei testi hanno portato alla loro suddivisione in “Dal fondo delle campagne”, “Nel magma” e “Su fondamenti invisibili” (di cui compaiono nell’elenco due poesie-tema: “Il fiume”, “In mare”).

Documenti

A Vittorio Sereni, che pubblicò su “Questo e altro” la prima serie di testi il 25 marzo 1963:

Caro Vittorio,

ecco dunque i versi. Quando li avrai letti capirai perché ho aspettato tanto a decidermi a riprenderli in mano e copiarli. Sono stato trascinato a scriverli al di là di ogni ragionevole previsione. A rileggerli sono rimasto di nuovo sottilmente stregato. Non li conosce nessuno. Io stesso non ho termini di confronto per giudicarli: se sono uno sviluppo interno di certi atteggiamenti e nuclei anteriori, o debba considerarli davvero come un’intuizione medianica sull’ordine del mio lavoro. Ma intanto mi hanno prospettato certi modi di cui non potrei forse più fare a meno. La seconda di queste composizioni (“Tra le cliniche”) forse non è necessaria, voglio dire non serve veramente all’insieme. Te la mando perché è stata scritta nello stesso spirito e in quell’ordine. Dopo avermi detto sinceramente quel che pensi di queste pagine (e attendo il tuo giudizio con vera trepidazione), nel caso che il tutto ti sembri qualcosa, deciderai tu di quel particolare. Con molto e vivo affetto, il tuo

Vittorio Sereni a Mario Luzi, Milano 5 maggio 1963:

[_] Ricorderai che volevo scriverti più a lungo per le poesie. Non ce l’ho fatta, non ce la faccio nemmeno ora. Ripeto che ne sono stato ammirato, ma non è vero solo questo: confesso di esserne rimasto sconvolto. Aggiungo che sono entrato in crisi – non benefica, in quel momento; forse benefica a distanza – non perché sentivo che avevo a che fare con uno più “bravo” di me, ma perché inopinatamente quell’uno aveva “già fatto”, dimostrava d’aver fatto organicamente, qualcosa di molto simile a quello che io vedevo, per me, come naturale sbocco o conclusione dei miei tentativi. Pensa a come eravamo “diversi”, pur se affettivamente vicini, nel ’40, ancora dopo il ’45 e pensa ad ora. Se non addirittura sullo stesso terreno, siamo su terreni straordinariamente simili. Dicevo una volta sbrigativamente a qualcuno che pensavo a te come a un saggio e a me come a un peccatore – almeno nel rapporto tra i due. Non vederci né una volontaria autoumiliazione né una presunzione alla rovescia. Era un modo imperfetto di stabilire un confronto. Questa imperfetta distinzione resiste ancora, nonostante le cose che ci avvicinano: in essa si sente la costante presenza in te di un punto fisso, diciamo di una “fede” (per quanto saltuariamente oscurata, messa in forse, costretta a disperare di sé); e l’assenza di questa in me, totale o quasi, mal compensata dall’accendersi intermittente di qualcosa che le assomiglia, simulacro di essa o surrogato che sia, da un’occasione all’altra, da una cosa scritta all’altra. Questo era un po’ il senso di quanto volevo scriverti, ma allora con un discorso più circostanziato e magari con le tue poesie davanti agli occhi. Sappi comunque che, sebbene anche dolorosamente, mi sono rimasti nella testa certi accenti per giorni e giorni – mi hanno accompagnato e un po’ perso quei testi. Spero di vederti presto. Ti abbraccio.

Vittorio

A Vittorio Sereni, il 12 maggio 1963:

Carissimo Vittorio,

la tua lettera mi ha commosso e anche un po’ sorpreso – una gradita sorpresa. È vero, le strade in cui ci mettemmo da giovani sembravano più divergenti, ma avevano, a ben guardare, questo in comune: l’ambizione di lasciar parlare le cose, di non prevenirle con il nostro giudizio, con nessun apriori teoretico. Il modo di percepire e anche la volontà di significazione potevano essere ben distinti come ancora lo sono: l’educazione e, non sottovalutiamola, la “forma mentis” naturale potevano e possono orientarci in atteggiamenti e posizioni distanti – e io ho sempre ammirato la tua intima duttilità e la tua capacità di illuminare vitalmente il contenuto senza bloccarlo, investendotene e passandovi in mezzo come la corrente elettrica – ma, a seguirle fino in fondo, quando ci fossimo liberati di molte soggettive parzialità (gravi sopra tutto da parte mia), quelle strade dovevano condurci a osservare oggettivamente uno stesso ordine di fenomeni, a “far parlare” le cose che esistono, che ci sono ora. Il fatto che tu le senta vicine mi conforta della loro oggettiva realtà, che era il mio proposito più forte. Quanto a ciò che facciamo loro dire o tentiamo, mi pare – e anche tu del resto – che ci siano tutte nelle differenze le quali giustificano la nostra assoluta indipendenza sebbene – chi potrebbe escluderlo? – anche il tuo esempio e la tua presenza abbiano probabilmente avuto per me il loro peso. L’interesse e il favore che hanno incontrato le tue vecchie e nuove poesie ti assicurano che si tratta di esperienze ben tue le quali non ammettono confronti se non a spese di chi volesse provocarli. E io mi auguro proprio per me che non venga in mente a nessuno di impostarlo – il che del resto sarebbe contrario a ogni sia pur modesta facoltà di lettura e di critica. Per questo, caro Vittorio, penso che la crisi, non benefica, di cui mi parli sia una fugace impasse psicologica che non può avere fondamento sulle considerazioni che fai per eccesso. E sono certo che crisi non è, e tanto meno malefica. Hai trovato così nettamente il tuo filone che non puoi lasciarlo insabbiare. E non saprei proprio dire chi di noi due è il peccatore, chi il saggio. Avevo a questo proposito tutt’altra idea dalla tua. Non credere poi che anche io non sia nelle peste. Avevo a lungo sognato di spingere più oltre di quanto avessi fatto nell”Onore” la captazione del reale e l’identità di prosa e poesia – nell’unicum della lingua – ma quante sollecitazioni contrastanti, di cui è difficile trovare il bandolo! O è meglio non cercarlo neppure? Ti abbraccio con tanto affetto, il tuo

Mario

Da “Un viaggio nella memoria”, a colloquio con L. Luisi, in “Mario Luzi. Una vita per la cultura”, a cura di L. Luisi con la collaborazione di M.C. Becattelli, Ente Fiuggi, Fiuggi 1983, p. 87:

Il “Magma” fu un libro per me quasi imprevisto, almeno programmaticamente […] io il “Magma” non l’avrei immaginato. Anzi io potrei dire che ebbe una nascita medianica e debbo dire che mi fece molto effetto. […] Cominciai a sentire queste voci che in qualche modo cercavano di contendersi e nello stesso tempo cercavano di essere ascoltate. Il primo componimento è “Presso il Bisenzio” e ti dico che ho registrato queste voci e ho sentito che c’era un tipo di vocalità e di ritmica, allora per me non usuale, e ho sentito che venivano da uno strato più latente della mia osservazione, forse della mia percezione. Ma una realtà non del tutto chiarita, non del tutto visibile: qualcosa che stava piuttosto facendosi, formandosi, qualcosa che era in corso. Allora ho avvertito la possibilità formale, artistica, di questo procedimento, di una cosa che nasce dal suo volersi fare e sistemare, e voler arrivare alla dignità della musica e della forma.

PRESSO IL BISENZIO (p. 317)

M63 (64), 9-12; M 9-13; TP79, II 67-70; TP88 (98, I), 319-21.

Aut.—Quattro fogli, al “recto”, con correzioni e varianti; breve appunto in prosa (sul frontespizio di un numero di “L’Approdo letterario”), che illustra la situazione e prelude ad alcuni versi:

uno, il più lavorato da smanie e il più indolente mi si fa incontro mi dice: Tu? non sei dei nostri. Non ti sei bruciato come noi al fuoco della lotta partigiana, quando divampava e ardevano nel rogo bene e male. Ci fu solo un momento per redimersi, fu quello… E io: è difficile spiegarti, ma io dovevo prendere una strada più lunga, visitare regioni…

Ds.—Tre fogli, al “recto”, con lievi correzioni.

Prima stampa in “Questo e altro”, II, 4, 1963, pp. 10-2, nell’anteprima di parte della silloge.

1-3 La nebbia … prima,] La nebbia +ghiacciata+ affumica la gora della concia / e il viottolo che segue +la proda+. Ne sbucano / +quattro+ non so se visti o non mai visti prima (d’allora) Aut.—7 Non ti sei bruciato come noi al fuoco della lotta] Ti conosco, non ti sei bruciato / come noi al fuoco della lotta (“variante” Aut.)—9-10 Lo fisso … inquietudine.] Lo fisso +senza dar risposta+ +nei suoi+ occhi vizzi, deboli, / / e colgo mentre guizza lungo il labbro di sotto un’inquietudine. Aut.—11-4 “Ci … fiatano,] “Ci fu solo un +tempo+ per redimersi – qui il tremito

+si torce in+ tic +convulso+ – +o+ perdersi, e fu quello”. / Gli altri non danno segno se non di fastidio | costretti a una sosta impreveduta / +danno segni di fastidio ma non fiatano+ Aut.—16 e masticano gomma guardando me o nessuno.] e masticano gomma guardando me o nessuno. | guardano o guardando / il vuoto. Dunque (“variante” Aut.)—17-32 “Dunque … vuoto.] “Dunque sei muto?” +imprecano le labbra+ tormentate / mentre lui si fa sotto e retrocede xxx / / frenetico, più volte, finché è là, / fermo, addossato a un palo che mi guarda / tra ironico e furente. E aspetta. Il luogo / +quel poco ch’è visibile, è deserto,+ la nebbia stringe dappresso +le persone+ / +e non lascia apparire che+ le terre fradicie dell’argine / e il cigaro, la pianta grassa dei fossati +che+ stilla muco. / E io: “È difficile spiegarti. +Ma sappi che il cammino+ / per me era più lungo che per voi, / e passava da altre parti. “Quali parti?” / +Come io non +vado avanti+ +lui mi fissa a lungo e aspetta. “Quali parti?”++ / gli altri chi si dondola chi molleggia +il corpo+ sui piedi / e tutti masticano gomma +e mi guardano, me oppure il vuoto. Aut.; I compagni uno si dondola, uno molleggia il corpo sui garetti (variante Aut.)—31 I compagni, uno si dondola, uno molleggia il corpo sui garetti] +I compagni, uno si dondola, uno+ molleggia il corpo sui garetti Ds.—34-7 C’è silenzio … distanza.] +C’è+ silenzio per un +bel po’+ , / +l’acqua della gora+ fruscia impercettibile. / Poi +mi lasciano lì+ e io li seguo a distanza. Aut.; C’è silenzio a lungo, / mentre tutto è fermo, / mentre l’acqua della gora fruscia (“variante” Aut.)—43 “O Mario” dice e mi si mette al fianco] “O Mario” dice e mi si mette al fianco vacillando Aut.—45 ma una traccia tortuosa che si perde nel fango] ma una traccia tortuosa che si perde +tra le canne e+ nel fango Aut.—48 sul moto dei pianeti per un presente eterno] sul moto dei pianeti per un +presente eterno+ Aut.—50-8 volgiti … intendo,] volgiti e guarda il mondo come +intanto+ è divenuto / xxx +poni mente a+ che cosa +questo tempo ti richiede,+ / non ardimento ma ripetizione di parole / / / / e di gesti che xxxxxxxxx +senza sapere come e perché consuma | spreca. / +È l’ostinato+ eroismo +che+ ci offende / +tu dici di puntare alto, di là dalle apparenze / e non senti che chiedi+ troppo! Troppo, | non senti ch’è troppo. Troppo intendo, Aut.; non la profondità, né l’ardimento +di pensieri+ / ma la ripetizione di parole, / +la mimesi senza perché né come+ di gesti d’una gioventù morsa dalla tarantola della vita / (variante Aut.)—60-2 giovani … ansito.] giovani ma logorati dalla lotta e +più che dalla lotta dalla sua +dura+ mancanza.+ / Ascolto insieme i passi +nella nebbia+ dei compagni che s’allontanano | s’eclissano / e questa voce venire a strappi rotta da un ansito. Aut.—65 del sacco doloroso vuotato ai miei piedi e spanto.] del sacco doloroso vuotato ai miei piedi e spanto. Aut. —68-71 né mangiamo … quando.] né +mangiamo del cibo+ che ci +porgi+, dirti che ci offende” / +lascio placarsi +a poco a poco+ il suo respiro mozzato +dall’affanno+ / +mentre+ i passi dei compagni si spengono / e solo l’acqua della gora fruscia. Di quando in quando.+ Aut.—73 e farci guerra per amore. Intendo la tua angoscia,] e farci guerra per amore. +Intendo+ la tua +angoscia+ Aut.—76-9 Ma poi … veduti.] Ma poi ??? +desiste dallo sfogo,+ mi stringe la mano con xxx la sua convulsa / +e agita+ il capo: “O Mario, ma è terribile, è terribile che tu non sia dei nostri”. / E piange, e io +anche+ piangerei / se non fosse che devo mostrarmi uomo a lui che non ne ha visti. Aut.

Sull’occasione cfr. AB, pp. 1256-7. Il Bisenzio è fiume del contado nord-occidentale di Firenze, a carattere industriale; per la nebbia cfr. l’omonima poesia luziana in PD, “Come deve” in OV e “Fumo” e “La fortezza” in FCA; il motivo è anche eliotiano, “the smoke arose”, in “Little Gidding”, II, dove si trova l’incontro tra il poeta e il “dead master”, di ampia suggestione su Luzi (cfr. Verdino 1989); “gora” (v. 1) è vocabolo dantesco e pascoliano, frequentato nel Novecento da Campana e Montale (e presente già in “Città lombarda”, v. 4, AN); “concia” (v. 1) ha il significato di conceria; per i vv. 3-4 cfr. Eliot, “Little Gidding”, vv. 33 e 40-1, FQ: “I met one walking, loitering and hurried / _ / Whom I had known, forgotten, half recalled / Both one and many” (“Incontrai uno che camminava, adagio e in fretta / _ / Conosciuto, obliato, in parte ricordato, / E uno e molti”, tr. F. Donini). L’apostrofe del primo interlocutore al v. 6 ha memoria del brusco incontro tra Farinata e Dante, con un’impronta testuale al v. 9 (“Io avea già il mio viso nel suo fitto”, “Inf”. X 34), che viene rovesciata di prospettiva al v. 30; i vv. 7-8 indicano la Resistenza e accusano la mancata partecipazione del poeta (il tema dell’accusa, rivolta in genere all’io, è centrale nel libro, cfr. la rassegna fatta da A. Luzi 1968, pp. 174-6 e in particolare “Nel caffè”, v. 63; “Il giudice”, vv. 12-4, 18-20; “Ménage”, vv. 18-25; “In due”, v. 30; “Bureau”, vv. 30-2; “Prima di sera”, vv. 1-11; “Terrazza”, vv. 25-6; “L’India”, vv. 34-40; l’accusa è rivolta all’interlocutore in “Tra notte e giorno”, v. 15 e nell’intera “Tra quattro mura”; infine a “lui” in “L’uno e l’altro”, v. 4. Appare il tema del guardare (vv. 9-10, 30, 41-2) che costituisce un leitmotiv (cfr. Rossi, pp. 139-41) e si ritrova in “Nel caffè”, vv. 12, 33, 54; “Il giudice”, v. 5; “In due”, v. 7; “Bureau”, v. 18; “D’intesa”, v. 23; “Nella hall”, v. 11. A esso qui si collega il motivo degli occhi deboli (vv. 9 e 42) e dello sguardo assente (vv. 16 e 32) che è ricorrente nel libro (cfr. “Nel caffè”, vv. 12, 33 e 44; “Il giudice”, v. 4; “Ménage”, vv. 18 e 26; “Bureau”, vv. 7, 45-7 e 64; “Terrazza”, v. 5), qui accompagnato da altri due connotatori ricorrenti: l’alterazione delle labbra (vv. 10-2 e 17) e il sorriso debole (v. 42), nonché dal movimento sulle gambe contro il freddo masticando gomma (vv. 15-6 e 31-2). Sono tutte spie di una umanità avvilita che troveremo in molte poesie (per le labbra cfr. “Nel caffè”, v. 14 , “L’uno e l’altro”, vv. 13-4, “In due”, vv. 5 e 18, “Dopo la festa”, vv. 24-5; per il sorriso cfr. “Nel caffè”, v. 64, “Ménage”, v. 13, “Bureau”, vv. 33-4, “Prima di sera”, vv. 10-1, “Dopo la festa”, v. 13, “Tra quattro mura”, v. 11; direttamente uniti in “muove ad un sorriso / colpevole le labbra” di “Tra notte e giorno”, vv. 14-5). Sul “mentre” (a partire dal v. 10 presente per nove volte nella poesia) e il suo “uso straordinario” in tutta la raccolta vedi il citato saggio di Orelli 1978, pp. 206-11. In “cadenza” (v. 15) ci può essere un’eco del modello eliotiano (“You must move in measure, like a dancer”) e della nuova versione del Donini del 1959 (“Devi muovere in cadenza, come in danza”). La “terra fradicia” (v. 24) ha memoria del “suolo / fradicio” di “Caccia”, vv. 14-5 e della “giornata / fradicia” di “La colonna”, vv. 12-3 (entrambe in FCA); “stilla” (v. 25) è verbo caro a Campana e Montale, qui abbinato a un oggetto sgradevole (per questo verso cfr. Pascoli: “il profumo de’ tuoi fiori / sono una perla pallida di muco”, “Il vischio”, V, vv. 64-5, PP); al v. 28 allusione alla propria prospettiva cristiana. Sul silenzio umano, contrappuntato da suoni naturali (vv. 34-6) e anche meccanici (vv. 81-3) cfr. quanto scritto da A. Luzi 1968, pp. 161-3, che ne rileva la varia occorrenza nel libro (cfr. “Nel caffè”, vv. 36-8 e 53-4; “L’uno e l’altro”, vv. 15-6; “In due”, vv. 18-9; “Bureau”, vv. 24-5 e 58-61; “D’intesa”, vv. 12-4; “Terrazza”, v. 18); per il v. 36 cfr. Montale, “Sulla Greve”, v. 8, B: “acqua il frùscio scorrente”; per i vv. 44-5 cfr. la “strada d’andamento incerto” di La valle, v. 3, FCA. Ai vv. 47-9 il rimprovero verso il cristianesimo metafisico del poeta, con un rinvio rovesciato nella metafora delle “sfere” a versi attribuiti da Montale alla donna-angelo: “o intento che hai creato fuor della tua misura / le sfere del quadrante e che ti espandi / in tempo d’uomo” (“L’orto”, vv. 45-7, B); per il v. 56 cfr. Montale, “Il ritorno”, vv. 25-6, OC: “il tuo morso / oscuro di tarantola: son pronto”; anche per il v. 57 cfr. in modi desublimati la memoria della donna-angelo montaliana: “Guarda ancora / in alto, Clizia, è la tua sorte” (“La primavera hitleriana”, vv. 32-3, B); la “voce” (v. 62) ha nel libro spesso una fitta presenza (cfr. “Nel caffè”, vv. 17, 28, 42; “Il giudice”, vv. 16-7; “Bureau”, v. 32; “Nella hall”, vv. 15-7; “Dopo la festa”, vv. 35-6); per “ansito” (v. 62) cfr. Pascoli: “E gli uni e gli altri torvi / aveano gli occhi, e l’ansito ondeggiante”, “Inno a Roma”, vv. 109-10, PR; al v. 63 compare in termini stereotipi l’amore, “al centro di questa poesia” (Bonifazi), circolante in tutto il libro (vedi oltre); per il v. 74 cfr. “La valle”, v. 42, FCA: “ho inteso meglio il nostro debito”. Al v. 80 memoria della corsa di Brunetto in “Inf”. XV 121-4 e del dileguamento (“faded on the blowing of the horn”) del “dead master” in “Little Gidding” (FQ).

TRA LE CLINICHE (p. 320)

M63 (64), 13-4; M 14-5; TP79, II 71-2; TP88 (98, I), 322-3.

Aut.—In quattro fogli, al “recto”, vi sono varie prove delle singole strofe, numerate da 1 a 4 quelle scelte; due fogli, al “recto”, con abbozzi della prima strofa (Abb. a, b); due fogli, al “recto”, con abbozzi della terza strofa (Abb. c, d). Data la condizione di estrema frammentarietà dell’aut. e degli abb., si sono tralasciati i singoli versi o emistichi di ardua contestualizzazione.

Ds.—Due fogli, al “recto” e puliti.

Prima stampa in “Questo e altro”, II, 4, 1963, pp. 12-3.

1-15 Lucciole … brulicando.] lampeggiano, si perdono alla vista più lucenti che altrove e più crudeli, / +lucciole in una+ tenebra insidiosa che una Abb. a; bucano +la+ tenebra insidiosa, lampeggiano lontane / perdute | si perdono alla vista più lucenti che altrove e più crudeli / mentre lucciole / tramano più lucenti che altrove, più crudeli vengono a sciami (“variante” Abb. a); +piluccano la zocca d’uva della notte+ bucano la tenebra insidiosa, lampeggiano / lucenti +più+ che altrove, più crudeli +si perdono+ alla vista ansiosa, / franano, risalgono +il nero di voragini+ / oscuramente note ai sensi, mentre svegliata dal letargo / la farfalla del sangue turbina su per i pensieri. // “Dove stavi di casa? – ascolto mormorare – / t’ho cercato lontano non da meno / della rondine quando vola alta, / che esplora le regioni della pioggia / e le invadono intanto il nido le zecche” / “Ero presso di te, nella tua stanza” qualcuno tace e risponde. (“variante” Abb. a); Lucciole nel buio, nel frondoso, / in questa città rara di case, più d’altre dolorosa d’ospedali, / lucciole più che altrove +luminose+ nell’accendersi presso +le serrande sollevate+ / più che altrove crudeli nella sparizione dentro uno spigolo e nel folto Abb. b; Lucciole nel buio, nel frondoso, lucciole di città / come questa rara di case, dolorosa d’ospedali, / più che mai luminose nell’accendere presso le serrande sollevate, / più che mai rapide, più che mai crudeli nello sparire dietro piante e spigoli (“variante” Abb. b); Lucciole nel buio, nel frondoso / di città, com’è questa, rare di casa, dolorose d’ospedali. / Lucciole che lampeggiano più limpide e crudeli / presso le porte a vetri aperte, muovono la danza dei pensieri, / svegliano dal letargo la farfalla del sangue bucano ed ispessiscono la tenebra, più lucenti che altrove e più crudeli / tra padiglione e padiglione / svegliata dal letargo / la farfalla del sangue brulica su per i pensieri (“variante” Abb. b)—4-6 più … meno] lucenti più che altrove, più crudeli si perdono alla vista +inquieta+ / dei degenti, dei male in salute. / “Dove stavi di casa?” / t’ho cercato lontano non da meno (“variante” Aut.)—11-5 mentre … brulicando.] mentre franano lucciole e risalgono +/+ il nero di voragini oscuramente note ai sensi +/+ +mentre danza+ svegliata dal letargo / la farfalla del sangue su per i pensieri +malfermi brulicando+. (“variante” Aut.)—16-23 “Ero … smanie.] nei deboli, nei male in salute / la larva d’una felicità fuggita di mano | l’impronta / cuoce irride ero qui nella tua stanza / mentre tu uscivi alla cerca. (“variante” Aut.); come ai deboli, come ai male in salute / neppure a me accade / che il pensiero crudele eppure giusto / non muova incontro ad alcunché, non cerchi / +si stanzi+ in quel che gli è presente (“variante” Aut.); l’impronta d’una felicità fuggita cuoce / quanto la sua mancanza, la larva / d’una felicità inseguita irride: / ero qui nella tua stanza / mentre tu ne uscivi alla cerca (“variante” Aut.); “ero qui nella tua stanza / mentre tu ne uscivi alla cerca” / pare che risponda qualche larva (“variante” Aut.)—19 risponde qualche larva] pare risponda qualche larva Aut.—21 e intanto s’alzano dalla loro quiete infida,] +e intanto s’alzano dalla loro quiete infida,+ Aut.—24 Qui presso queste cliniche,] Qui più che altrove, qui presso queste cliniche Aut., Abb. c, Abb. d—25-30 nell’ora … instabile] e qui dove le lucciole piluccano / la zocca d’uva della notte e tracce / tracce d’una felicità non mai raggiunta / o fuggita di mano s’inseguono, diventano cocenti / per i deboli, per i male in salute, si levano +l’uno dopo l’altro+ dalla loro quiete infida / gli anni d’oscurità e di passione, / mettono in croce tra rimpianto e +smanie+ / mi sposo a tutto l’elemento instabile (variante Aut.)—27 d’una felicità non mai raggiunta] tracce d’una felicità non mai raggiunta Aut., Abb. c, Abb. d—29-32 per … mondo.] per i deboli, per i male in salute, / anni d’oscurità e di passione / s’alzano dalla (loro) quiete infida, +da un+ sonno non ancora rassegnato, / mettono in croce anima e corpo tra rimpianti e smanie, / assumo tutta questa forza instabile | m’unisco / di crucci e d’inappagamento, tocco / con mano l’elemento irriducibile che tien desto il mondo. Abb. c; lascio che accada quel che non vorrei / e s’alzano dalla quiete infida d’un sonno non ancora rassegnato / anni d’oscurità e di passione (“variante” Abb. c); dalla loro quiete infida +/+ anni d’oscurità e di passione, / mettono in croce anima e corpo tra rimpianti e smanie, / assumo tutta questa forza instabile / di crucci e d’inappagamento, tocco / con mano l’elemento +irriducibile+ che tiene desto il mondo. Abb. d; lascio che accada quel che non vorrei / anni d’oscurità e di passione / s’alzano dalla loro quiete infida / mettono in croce anima e corpo tra rimpianti e smanie. / Mi unisco a tutta questa forza instabile / di crucci, d’inappagamento , tocco / l’ elemento +irriducibile+ che tiene sospeso il mondo | con mano l’elemento +insociabile+ che tiene +mosso+ il mondo (“variante” Abb. d); lascio che accada, e non vorrei, che s’alzino / anni d’oscurità e di passione / dalla loro quiete infida, da un sonno non ancora rassegnato / mettano in croce anima e corpo tra rimpianti e smanie (“variante” Abb. d)—31-2 di cruccio … mondo.] di cruccio e d’inappagamento, +tocco+ / con mano l’elemento insociabile che tiene sospeso il mondo | desto Aut.—33-6 Salute … buio.] Salute e malattia, s’affretta a distinguere la mente / crudele eppure giusta, mentre esce / da sé e muove incontro a qualcos’altro di più vero, / di più pieno. Salute e malattia ripete / fin quando non combacino le parti / di questa conoscenza avuta a sprazzi nel buio. Aut.; Non l’avessi conosciuto, avrei ignorato questa parte di me / che ora si dibatte tra speranza e disperazione / prima che torni il tempo inesorabile in cui / il pensiero crudele eppure giusto / non muova incontro ad alcunché, non cerca / oltre, si stanzia in ciò che gli è presente. (“variante” Aut.)

Si fa riferimento all’ospedale di Careggi, frequentato come visitatore di Parronchi, lì ricoverato. Per il bucare “la tenebra” (v. 3) cfr. “e tenebre che scavano passando / e forme buie ed uomini con lampade” (‘Villaggio”, vv. 47-8, PD); “pescatore / _ / buca deciso questa coltre d’umido” (“Il campo dei profughi”, vv. 18-20, OV); al v. 5 si rivolge alla “salute” (come si intuisce poi al v. 33), intesa nella sua totalità metafisica; al v. 10 proiezione dell’io del poeta; ai vv. 11-5 evoluzione metaforica delle “lucciole” nel riaffermarsi di un istinto vitale (“farfalla del sangue”) che si alimenta di “pensieri malfermi” e si riscuote dalla “quiete infida” di “anni d’oscurità e di passione” (vv. 21-2); la “notte” (v. 20) è diventata interiore; al v. 20 memoria leopardiana (“Non so se il riso o la pietà prevale”, “La ginestra”, v. 201) e al v. 27 memoria montaliana (“Felicità raggiunta, si cammina / per te su fil di lama”, “Felicità raggiunta, si cammina”, vv. 1-2, OS); al v. 26 “zocca” è lemma dialettale per “ciocca” (vocabolo sentito a Samprugnano); per i vv. 33-6 cfr. Eliot, “East Coker”, IV, vv. 6 e 11, FQ: “Our only health is the disease / _ / The whole earth is our hospital” (“La nostra unica salute è la malattia / _ / Tutta la terra è il nostro ospedale”, tr. F. Donini); il v. 36 riprende e modifica “la conoscenza per ardore o il buio” di “Las animas”, v. 37, OV.

NEL CAFFÈ (p. 322)

M63 (64), 15-7; M 16-9; TP79, II 73-5; TP88 (98, I), 324-6.

Aut.—Due fogli, al “recto”, con lievi correzioni.

Ds.—Tre fogli, al “recto” e puliti.

Prima stampa in “Questo e altro”, II, 4, 1963, pp. 13-5.

13-4 vogliono … ridendo.] +vogliono dire+ assai più che non dica / quella bocca vizza; e mi fissano ridendo Aut.—17 aggiunge, e più con gli occhi che con quella voce rauca raspando.] aggiunge; e più con gli occhi che con quella voce rauca raspando. Aut.—19 da quella tenerezza d’uomo stretto al ricordo] da quella tenerezza +d’uomo+ stretto al ricordo Aut.—34 Io non so dire altro, penso a questo incontro] Io non so dire altro, penso a quest’incontro Aut.—41 per sé quanto per me, ed offre questa pace in cambio.] per sé quanto per me ed offre questa pace in cambio. Aut.—48 “Poco tempo infatti. Ma ho fiducia che l’azione] “Poco tempo infatti. Ma ho fiducia che l’azione | che vivere e lottare Aut.—61 danzano al fruscio basso di un disco] danzano al fruscio basso d’un disco Aut.—70 e sotto il pigolio degli uccelli tramato fitto.] e sotto il pigolio degli uccelli nella pioggia tramato fitto. Aut.

La poesia è commosso ricordo e congedo dal cognato Carlo Monaci, morto in quel tempo; cfr. AB, p. 1257. Il caffè “fuori mano” era situato in collina all’angolo tra viale Galilei e via S. Leonardo, vicino alla casa di Rosai e con questi più volte frequentato da Luzi; vari sono gli spazi di “straforo” nel libro (cfr. il bar di Il giudice; lo scompartimento del treno di “Tra notte e giorno”; l’automobile di “L’uno e l’altro” e “Prima di sera”; “Bureau”; “Nella hall”; il cinema di “L’India”). Il “fumo” (v. 6) è contiguo alla nebbia di “Presso il Bisenzio” e alle sue precedenti occorrenze. Al v. 8 citazione dantesca (“forato ne la gola”, “Purg”. V 98 e “forata avea la gola”, “Inf”. XXVIII 64); ai vv. 12-4 “gli occhi grigi” (poi “ancora vivi” al v. 25 e “occhiata bianca” al v. 44), il riso (poi “sorriso divenuto blando”, v. 64) e la “bocca vizza” (v. 14) riprendono analoghi motivi di “Presso il Bisenzio” (vv. 9-10; 17), a cui si rimanda per altri rinvii; anche per la connotazione vocale del v. 28, per l’atto del guardare dei vv. 12 e 33, i silenzi dei vv. 36 e 53, l’accusa (“eppure hai torto”, v. 63) cfr. “Presso il Bisenzio”; “questa croce” (v. 30) è la malattia mortale dell’interlocutore; “compagno” (v. 37), “tempi duri” (v. 45) e “pregare” (vv. 47-9) hanno invece specifici rinvii alla stessa poesia (rispettivamente ai vv. 59, 61 e 77; al v. 84; al v. 86). Al v. 34 il “penso” come apertura di una meditazione interiore parallela allo stentato dialogo si ritrova anche in “Tra notte e giorno”, v. 9 (come “rifletto”), “L’uno e l’altro” (v. 16), “In due” (vv. 10-4) e “Bureau” (vv. 25-9). Ai vv. 58-62 si sente alla radio (poi “transistor”) la notizia dell’esecuzione di Adolf Eichmann (1900-62), colonnello delle SS naziste e tra i maggiori responsabili dello sterminio degli ebrei nella Seconda guerra mondiale; fuggito in Argentina, fu catturato (1961) da agenti israeliani e processato e giustiziato a Tel Aviv; sul motivo del rapido oblio dell’orrore della guerra cfr. “A mezzacosta”, FCA.

IL GIUDICE (p. 325)

M63 (64), 19; M 20-1; TP79, II 76; TP88 (98, I), 327.

Ds.—Foglio, “recto”, con minime correzioni.

Prima stampa in “Questo e altro”, II, 4, 1963, p. 15.

5 E aspetta. Mentre io guardo lontano] E aspetta, +. M+entre io guardo lontano Ds.

Si tratta, per testimonianza del poeta, della trascrizione di un incubo che si snodò come un incontro avvenuto in un bar (v. 23), altro spazio di “straforo”, per cui cfr. “Nel caffè”. In termini accusatori, appare frontale l’interrogazione sull’amore (v. 1), dopo l’avviso di questo risveglio in “Tra le cliniche” (vv. 14-5 e 21-3); per l’accusa, l'”occhiata” (v. 4) e la “voce” (v. 16) con i relativi connotatori cfr. “Presso il Bisenzio”. Il guardare (v. 5) è questa volta evasivo con il tratteggio di un altro paesaggio. L’attenzione alla luce del giorno (vv. 14 e 22-3) è motivo contestuale (cfr. la “luce di giorno incerto”, v. 37, di “Tra notte e giorno”; la “luce unita”, v. 3, di “Ménage”; la “luce d’acquario”, v. 4, di “Bureau”; la “luce bassa”, v. 5, di “D’intesa”; la “luce / piovosa”, vv. 4-5, di “Ma dove”; il “controsole”, v. 2, di “Prima di sera” e v. 53 di “Tra quattro mura”; la “luce nuova”, v. 28, di “Nella hall”; il “chiarore della sala”, v. 30, di “L’India”), mentre appare qui per la prima volta lo sguardo folgorante femminile (v. 24), opposto al motivo della debole o deformata vista, già individuato.

TRA NOTTE E GIORNO (p. 326)

M63 (64), 21-2; M 22-3; TP79, II 77-8; TP88 (98, I), 328-9.

Ds.—Due fogli, al ‘recto” e puliti, con titolo aut.

Prima stampa in “Questo e altro”, II, 4, 1963, pp. 15-6.

35-6 “Devi _ viso] Devi crescere: crescere in amore / e in saggezza, m’intima quel viso Ds.

Per “compagno” (v. 1) cfr. “Presso il Bisenzio”, vv. 31, 59, 61 e “Nel caffè”, v. 37. Per “rifletto” (v. 9) cfr. “Nel caffè” i relativi rinvii; per il guardare (v. 5) e “muove ad un sorriso / colpevole le labbra” (vv. 14-5) cfr. i rinvii in “Presso il Bisenzio”. I vv. 19-21 raffigurano un intellettuale a un tempo cristiano e socialista, prototipo di un catto-comunista non amato dal poeta e per certi aspetti anticipatore del Malvolio montaliano. Al v. 26 l'”amore” come comune carità è avvertito nella sua mancanza come in “Presso il Bisenzio”. Ai vv. 36-7 cfr. “a face still forming” di “Little Gidding”, II, v. 48, FQ, e per la “luce” cfr. “Il giudice”.

L’UNO E L’ALTRO (p. 328)

M63 (64), 23; M 24-5; TP79, II 79; TP88 (98, I), 330.

Aut.—Foglio, “recto”, con lievi correzioni (Aut.); foglio con abb. e varianti della prima strofa (Abb.).

Ds.—Foglio, ‘recto” e pulito, con titolo aut. corretto (originalmente “Coppia”).

Prima stampa in “Questo e altro”, II, 4, 1963, pp. 16-7.

3 torcendo in una smorfia dubbia il viso, il suo viso di uomo nel torto.] +torcendo in una smorfia dubbia il viso,+ il suo viso di uomo nel torto. Abb.—6-13 da un capo … suono] da un capo all’altro della valle +lasciata a pascolo+ / “Sono lieto che tu ne sia convinta. / La virtù di questi tempi è tenuta in / dice, e sposta tranquillo la mano tra il volante e il cambio. / “Certo, certo” ripete lei che guarda / venire incontro da lontano i monti / e serrarsi contro il rettifilo d’asfalto e le sfugge un suono Abb.; con il suo viso di uomo nel torto (“variante” Abb.); “Se la pensi così è una fortuna. / La virtù di questi tempi è tenuta per uno straccio” / +riprende+, e sposta con solennità la mano tra il volante e il cambio (“variante” Abb.); “oh certo” trasale lei che guarda (“variante” Abb.); qualcosa tra il sospiro e lo schiocco di dentiera smossa (“variante” Abb.)—20 dissimili, ma uguali in questo, che si muovono inutilmente cauti] dissimili, ma uguali in questo, che +si muovono inutilmente cauti+ Aut.; ma uguali in questo: che ambedue sono cauti / e lontani dal xxx vero (scopo) (“variante” Abb.).—24-6 o se … opossum.] o +se aveste coraggio+ a nominarlo” / mi volgo loro tra me e me e il tempo +e+ il luogo perde ogni contorno / e mi striscia davanti un’ombra o una coda di opossum | e mi passa | striscia davanti come un’ombra o una coda di opossum. Aut.

La scena si svolge in auto (per gli ambienti moderni e di occasione cfr. l’inventario fatto a proposito di “Nel caffè”), dove l’io è testimone di uno stento dialogo tra una coppia che appare “cellula morta” (v. 18); per il guardare (vv. 5 e 10), le labbra (vv. 13-4), il silenzio (v. 15) vale quanto osservato in “Presso il Bisenzio”; per il pensare (vv. 16 e 25) cfr. i rinvii citati nella poesia “Nel caffè”. L’amore mancante (vv. 22-4) riprende la richiesta della poesia precedente; per l'”opossum” (v. 26) cfr. AB, p. 1259.

MéNAGE (p. 329)

M63 (64), 25-6; M 26-8; TP79, II 80-1; TP88 (98, I), 331-2.

Aut.—Due fogli, al “recto”, con correzioni; foglio, “recto-verso”, con abb. in prosa del testo, con una prima frase a matita (Abb. a) e foglio, “recto”, con abb. dal v. 16 alla fine (Abb. b).

Riportiamo la stesura completa di Abb. a:

un po’ ghiacciata | incerchiata dalla presenza dell’uomo, fissa in un punto della parete con uno sguardo sproporzionatamente +lungo+

La rivedo ora non più sola, diversa, nella stanza più interna della casa, nella luce bianca e uniforme filtrata dalle tende, accoccolata sul divano accanto al giradischi tenuto basso. “Non in questa vita, in un’altra” mi dice il suo sguardo ancora più smagliante | anche più splendido eppure più evasivo e come offeso dalla presenza dell’uomo che la limita e la schiaccia. “Non in questa vita, in un’altra” le leggo bene quel pensiero. È donna da pensare questo, da esserne convinta, e non è questa l’ultima sua grazia in un tempo come il nostro che pure non le è estraneo. “Conosci mio marito, mi sembra” e l’uomo ha un sorriso +importunato ma+ gentile quasi volesse scrollarsela di dosso e +mandarla+ indietro per venire con me +da solo a solo, tra uomini+ al dunque. “C’è qualcosa da sperare dal Concilio” | cavare dai sogni”” mi chiede fissando su di me i suoi occhi vuoti non so bene se di uomo insensibile o di guru. “Qualcosa di che genere?” rispondo mentre guardo lei che mi raggia +tenerezza il biondo dei+ suoi fluidi come a compiangermi d’essere caduto sotto quelle grinfie. “I sogni o sono illuminazioni d’un’anima matura ad accogliere il divino o sono errori d’una fantasia malata. O a uno stadio inferiore espressione d’animale” insiste e punta i suoi [“occhi”] che non so se guardano e dove. Non capisco se m’interroga o se continua un discorso, fra sé e sé; senza origine né fine e neppure se parla con orgoglio o qualcosa d’insondabile gli piange dentro. “Ma perché parlare di sogni” O almeno di sogni separatamente”” insinuo io. “E lei non sta facendo un sogno?” e mi pare che il suo viso s’accenda un poco. “Non in questa vita, in un’altra” proclama ancora +lo+ sguardo +di lei+ rilucendo, sgorgando insostenibile, mentre ostenta d’avere altra e più sicura opinione +che l’uomo+, ma deve tacerla. “Forse è così ma il limite è impreciso” rispondo io mentre ascolto la punta di zaffiro frusciare negli ultimi solchi senza note e poi lo scatto. E mi chiedo chi ha deciso per noi il nostro essere qui in questa stanza nel posto che ciascuno ha.

Ds.—Due fogli, al “recto” e puliti, con titolo aut.

Prima stampa in “Questo e altro”, II, 4, 1963, pp. 17-8.

4 con le gambe tirate sul divano, accoccolata] con +le gambe+ tirat+e+ sul divano, accoccolata Aut.—10 È donna non solo da pensarlo, da esserne fieramente certa.] È donna non solo da pensarlo, da esserne xxx +fieramente+ certa. Aut.—13 “Conosci mio marito, mi sembra” e lui sciorina un sorriso importunato,] “Conosci mio marito, mi sembra” e lui sciorina un sorriso importunato Ds.—15 e ricacciarla indietro, di là da una parete di nebbia e d’anni;] e ricacciarla +indietro, di là da+ una parete di nebbia e d’anni; Aut.—21-2 verso … grinfie.] verso di me dal biondo del suo sguardo fluido e arguto | acuto / e un poco mi compiange, credo, d’essere sotto quelle grinfie. Aut.—24-30 sono … dentro.] sono sogni che fanno luce; ma a un livello inferiore | più basso / +sono indegni, espressione dell’animale e basta”+ aggiunge / +e punta +i suoi+ occhi impenetrabili che non so se guardano e dove.+ / Ancora non intendo se m’interroga / +o continua per conto suo+ un discorso senza origine né fine, / e neppure se parla con orgoglio / o qualcosa +di+ buio e inconsolabile gli piange dentro. Aut.—31-42 “Ma perché … giogo.] “Ma perché parlare di sogni..” +/+ O almeno / di sogni separatamente”” insinuo, +/+ e cerco per il mio sguardo un nido / in lei dov’è più esile e più dolce, tra la spalla e il collo; / “E lei non sta facendo un sogno?” mi dice mentre sale dalla strada / il grido d’una frotta di bambini vitreo, incrinato dall’inverno; / +e+ il suo viso impenetrabile avvampa un poco. / “Forse xxx, ma il limite tra +il+ real+e+ e +il+ sogno… ” mormoro / e ascolto la punta di zaffiro / frusciare negli ultimi solchi senza note e poi | sentire lo scatto / “Non in questa vita, in un’altra” grida lo sguardo di lei / sgorgando una luce insostenibile / mentre ostenta d’avere altro pensiero / dall’uomo che l’obbliga, con la sua presenza, a tacere. La immagino bambina in qualche prato d’erba alta / non so dove tra Adige e Brenta / e mi chiedo quale catena d’anni / e cause la trascinò Abb. b—38-9 negli … mai] negli ultimi +solchi+ senza note, e lo scatto. / “Non in questa vita, in un’altra” esulta +più che mai+ Aut.—41 lo sguardo di lei fiera che ostenta altri pensieri] lo sguardo di lei +fiera+ che ostenta altri pensieri Aut.

La figura femminile compare altre volte in “D’intesa”, “Terrazza”, “L’India”, “Accordo”: su di essa cfr. AB, pp. 1258-9; la donna è portatrice positiva dell’amore e della luminosità dello sguardo (vv. 6, 20-1, 40-1) che si oppone agli occhi deboli del marito (vv. 18-9, 26) e ha diverse occorrenze (“D’intesa”, vv. 23-4; “Terrazza”, vv. 28-9; “Accordo”, vv. 12-5), dopo l’anticipazione – quasi una prefigurazione dantesca – fattane in “sfolgora in due pupille di giovinetta che si sfila il grembio” (“Il giudice”, v. 24). Questo circuito dello sguardo luminoso va inteso come antitetico a quello degli occhi deboli, già individuato per “Presso il Bisenzio”. Per la “luce” (v. 3) cfr. i relativi rinvii in “Il giudice”; per il “sorriso” (v. 13) e il “guardo” (v. 20) cfr. i riscontri citati in “Presso il Bisenzio”; per “penso” (v. 31) cfr. note a “Nel caffè”; per il v. 35 cfr. AB, p. 1259.

IN DUE (p. 331)

M63 (64), 27-8; M 29-30; TP79, II 82-3; TP88 (98, I), 333-4.

Aut.—Foglio, “recto”, con correzioni (Aut.); foglio, “recto”, con stesura fino al v. 20 (Abb. a); foglio, “recto-verso”, di abbozzi di versi, dal v. 17 alla fine (Abb. br, bv).

Ds.—Due fogli, al “recto” e puliti.

1 “Aiutami” e si copre con le mani il viso] ” +Aiutami+!” e si copre con le mani il viso Aut.—8-9 offeso … scialba.] offeso dalla mia freddezza +vibrare a tratti+ / dai gomiti puntati sui ginocchi alla nuca scialba | stenta. Abb. a—12 in un punto solo tra desiderio e ricordo] in un punto +solo+ tra desiderio e ricordo Abb. a—14 ma al viaggio con lei tra cielo e terra] ma +al+ viaggio con lei tra cielo e terra Abb. a—17 “Vedi, non trovi in fondo a te una parola”] ” +Vedi+, non trovi in fondo a te una parola” Abb. a—20 e cerco sopra la sua testa la centina di fuoco dei monti.] e cerco sopra la sua testa la centina di fuoco di quei monti | dei Aut.; e sento come empio il suo rovello / +di vittima presunta e di giudice+ / non meno della mia insofferenza e del mio cruccio / “A che vale difendere un amore distorto dal suo fine, / che non è crescita né moltiplicazione ma limite possessivo e non altro” / Vorrei dire ma non a lei che piange / a me che forse indulgo alla menzogna, ma taccio / e cerco fuori, sopra la sua testa, la centina di fuoco dei monti. Abb. a—21-4 Lei … versanti.] E non per questo sfugge alle sue antenne +fino a che punto+ / quanto m’ +allontani da lei, verso un’immagine perduta di lei,+ il suo rovello aspro tra di vittima e di giudice / e la mia insofferenza e il mio cruccio. Abb. br; E non per questo sfugge alle sue antenne / quanto le sia lontano in questo istante / che volte le spalle al suo rovello la vo in altri tempi +e luoghi+ sguardo. (“variante” Abb. br); Lei aspetta e intanto non sfugge alle sue antenne / quanto le sia lontano in questo momento / che m’apre le sue piaghe e io la desidero e la penso / in altri tempi, in altri versanti Abb. bv; +Lei aspetta e intanto non sfugge alle sue antenne / quanto le sia lontano in questo momento / che m’apre le sue piaghe e io la desidero e la penso / +come+ era in altri tempi, in altri versanti.+ Aut.—25-35 “Perché … spicciando.] “A che vale difendere un amore distorto dal suo fine / quando non è più crescita né +gioiosa+ moltiplicazione d’ogni bene / ma limite progressivo e basta” vorrei +chiedere+ / ma non a lei che piange | che ora dietro le sue mani piange +scossa da un tremito+ / a me che indulgo alla menzogna per viltà o per comodo. / “Ma anche questo è amore, +quando avrai imparato a ravvisarlo+ / in questa forma dimessa, / in questo aspetto avvilito ma tenace” mi rispondono / quelle mani ossute rigate di lacrime | da cui spiccia fra dito e dito qualche lacrima. Abb. br; a me che forse indulgo alla menzogna per comodo (“variante” Abb. br)—33-5 in questo … spicciando.] in questo aspetto avvilito” mi rispondono quelle mani ossute / +e tese+ da cui +scende+ qualche lacrima tra dito e dito spicciando. Aut.

Spaccato di una crisi coniugale. Per le “labbra” (vv. 5, 18), il silenzio e il guardare (v. 7) vale quanto osservato per “Presso il Bisenzio”; per il pensare (vv. 13, 23) cfr. note a “Nel caffè”; per la mancanza di amore (v. 10) cfr. “Tra l’uno e l’altro”; per i vv. 14-6 e 20 cfr. “Visitando con E. il suo paese” in PD; al v. 20 la “centina di fuoco dei monti” è l’arco appenninico illuminato dal sole; per la richiesta d’amore (vv. 31-3) cfr. “Tra notte e giorno”, vv. 35-6.

BUREAU (p. 333)

M63 (64), 29-31; M 31-4; TP79, II 84-6; TP88 (98, I), 335-7.

Ds.—Tre fogli, al “recto”, con lievi correzioni.

5 e ne sono oscuramente respinto e attratto.] e ne sono oscuramente respinto e attratto. Ds.—37 e in un preciso angolo il suo aspetto già allora di tarma.] e il suo aspetto già allora di tarma in un preciso angolo. Ds.—43-5 Nemmeno … tanto] +Nemmeno ti passa per la mente quel che si perde alle volte” / E dopo un po’ riprende: “Era la mia salvezza e anche la sua” /+ e acuisce lo sguardo di quel tanto Ds.

L’interlocutore è un “compagno” (v. 53, per cui cfr. i riscontri in nota a “Presso il Bisenzio”) non identificato (ma in lui si sommano anche avversari ideologici degli anni ’60). Per la “luce” (v. 4) cfr. i rinvii segnalati per “Il giudice”; “falso tempio” (v. 4) è la banca; per lo “sguardo di malato” (v. 7), le “pupille” (v. 46) e gli “occhi stralunati” (v. 64) cfr. il tema degli occhi deboli e le occorrenze segnalate per “Presso il Bisenzio”, ma in questo caso vige anche un preciso rinvio dantesco a “Parean l’occhiaie anella sanza gemme” (“Purg”. XXIII 31) dell’incontro con Forese Donati (tra l’altro affine a quello con Brunetto), individuato da Scorrano (pp. 620-1) come fonte complessiva di questa poesia (cfr. ad esempio per i vv. 8-11 “Mai non l’avrei riconosciuto al viso” e “e ravvisai la faccia di Forese”, “Purg”. XXIII 43 e 48) anche con il contiguo XXIV dove “munta _ sembianza” dei vv. 17-8 può essere matrice di “spremuto d’ogni linfa” al v. 15. Il v. 12 è quasi citazione dantesca (“Siete voi qui, ser Brunetto?”, “Inf”. XV 30; “Qual grazia m’è questa?”, “Purg”. XXIII 42) ed eliotiana (“What! are “you” here?”, “Little Gidding”, II, v. 45, FQ), ma rovesciata (è posta dall’interlocutore al poeta) e stereotipata. Per il guardare (v. 18), il silenzio (vv. 24, 57-9), la voce (v. 32), l’accusa (vv. 30-40) cfr. il commento a “Presso il Bisenzio”; per il pensare (v. 25) quello a “Nel caffè”.

D’INTESA (p. 336)

M63 (64), 33-4; M 35-6; TP79, II 87-8; TP88 (98, I), 338-9.

Aut.—Facsimile di aut., in prosa, riprodotto alle pp. 35-7 della seconda edizione Scheiwiller (Aut. a); foglio, “recto”, con correzioni, in prosa (Aut. b), in inchiostro blu e nero, con nota finale rossa “a taccuino celeste” e versi sparsi sul margine alto.

Ds.—Foglio, “recto” e pulito (con copia carbone).

12-4 dirle … vanto.] dirle per vincere il silenzio +spesso+ che solo un poco ci appartiene +non per sfida o vanto+ Aut. b—16-20 così … mondo.] così imperfetta +ed angusta+ mentre indaga e +scruta+ i +segni almanaccando+ +ammirevole del resto+ per come le parla da ogni pietra o volto la religione del mondo. Aut. b—17 e scruta segni] e decifra | scruta segni. Aut. a—21-3 principio … mentre tace] principio. +Indovino+ +ora il suo tormento+ mentre tace Aut. b—21 pochi, affinate, elette] pochi affinati elette Aut. a—23-4 intensa / non] intensa non Aut. a—26-7 “Ah … parole] +Ah perché non mi credi fino in fondo”+ continua senza parole Aut. a—28-31 del fiume … parte.] del fiume livido sparso di chiatte e io cerco a tentoni nel silenzio quella parte di lei che +pure+ si affida +a me come+ al compagno della sua sorte Aut. b—30-1 lei, / in ciascuno di noi, tra] lei in ciascuno di noi tra Aut. a

La poesia si ambienta a Londra; per la donna cfr. “Ménage”; per la “luce” (v. 5) cfr. note a “Il giudice”; i vv. 5-7 fanno riferimento alla Temple Church, ultimo resto del quartiere dei Templari nella City; il v. 10 fa riferimento alle stragi dei membri del potentissimo ordine dei Templari a opera di Filippo il Bello, re di Francia, che ottenne dal papa l’abolizione (1312) dell’ordine. Per il “silenzio” (v. 13) cfr. note a “Presso il Bisenzio”; per la luminosità dello sguardo del v. 23 cfr. quanto osservato per “Ménage”.

MA DOVE (p. 338)

M63, 35; M64, 39; M 37-8; TP79, II 89; TP88 (98, I), 340.

Ds.—Foglio, “recto” e pulito, con titolo aut.

Nelle carte si è ritrovato un ds., “recto” e pulito, con una poesia diversa, da cui viene recuperato un verso (cfr. v. 20). Se ne riproduce il testo:

La crociera della finestra taglia
e inquadra un paese non diverso
da come lo vedevi tu. La luce
è la luce lunare in pieno sole
che ha spesso il cielo di dicembre. Il tempo
è ancora questo nostro lungo tempo
che non è pace e non è guerra, un tempo
dubbio che offende il cuore ogni parola.
Qualcuno cede, qualcuno resiste
nella sua fede. Il mondo ha mille volti
e nessuno che gli sia proprio. Il babbo
invecchia, tuo nipote è fatto grande.
Così termina un anno, un anno viene.
Non temere per me, la lima rode
notte e giorno, ma reggo; reggo bene.

Prima stampa in “Questo e altro”, II, 4, 1963, p. 18.

Per la “luce” (v. 4) cfr. note a “Il giudice”; le “api” (v. 8) come metafora umana rinviano all’omonima poesia di FCA; “viridario” (v. 8) era nell’antica Roma il giardino interno del palazzo, qui metafora del “cuore” della città; i vv. 9-12 fanno riferimento a una strada fiorentina di artigiani, qui in una resa un po’ onirica di chiusura di esercizi. I vv. 16-9 possono valere come epigrafe conclusiva degli stenti dialoghi intercorsi nelle precedenti poesie con i propri “compagni” (cfr. “Presso il Bisenzio”, vv. 31, 59, 61; “Nel caffè”, v. 37; “Tra notte e giorno”, v. 1; “Bureau”, v. 53). Per il v. 20 cfr. “La notte lava la mente”, v. 4, OV: “chi pronto al balzo, chi quasi in catene”.

PRIMA DI SERA (p. 341)

M 41-2; TP79, II 93-4; TP88 (98, I), 343-4.

Aut.—Due fogli, al “recto”, con variante (Aut. a); due fogli, al recto, con stesura frammentaria e varianti (Aut. b).

Ds.—Foglio, “recto” e pulito.

12 “Oh di questo hai anche troppo sofferto” aggiunge poi quasi portando fiori] “Oh di questo hai anche troppo sofferto” aggiunge poi +come+ portando fiori Aut. b—14-6 “Vanamente … affetto;] Vanamente +mormoro+ io toccato / da quel tono di persistente e doloroso affetto Aut. b—16 di persistente, doloroso affetto;] di persistente, doloroso affetto Aut. a—20 “Vanamente” e mi viene non so se dal ricordo] “Vanamente” ++ e mi viene non so se dal ricordo Aut. b—22-3 gracile … foce,] gracile impalata nella sua altezza che guarda un fiume / dall’argine +e poco+ oltre la foce Aut. b—23 dall’argine e, poco oltre la foce,] dall’argine e poco oltre la foce Ds., Aut. a—24 la lacca grigia del mare oscurarsi.] la lacca grigia del mare annerarsi. Aut. a, Aut. b—25-34 “Lascia … inghiotte.] Ascolto il vento rompersi sul taglio dei vetri e / mi chiedo perché non sia in nostro potere / +richiamarla indietro+, tornare sui nostri passi / all’origine: è la speranza che è irreversibile, / mi risponde ora il suo silenzio senza più lotta / mentre si risolve ad aprire la portiera e a scendere. Aut. b; Lascia perdere, dice con la voce di chi torna dopo un’assenza di anni e raduna le spoglie lasciate in altri tempi e io mi chiedo perché non è +in nostro potere richiamarci+ e tornare sui nostri passi all’origine. xxx +Non è l’amore+ è la speranza irreversibile mi risponde ora il suo silenzio senza più lotta mentre si risolve a scendere. (“variante in prosa” Aut. b)—25-6 “Lascia … stesso] “Lascia perdere” dice con la voce / di chi torna dopo un’assenza di anni (“variante” Aut. b); “Lascia perdere” dice con la voce di chi torna / da un’assenza di anni sul luogo stesso (“variante” Aut. b)—30-4 “Che … inghiotte.] “È la speranza che non è più nostra; / è la speranza irreversibile” commenta / il suo silenzio rigido senza più lotta / mentre allunga la mano alla porta, risoluta a scendere. Aut. a; “È la speranza che è irreversibile” / mi risponde il suo silenzio senza più lotta / mentre allunga la mano alla maniglia pronta a scendere (“variante” Aut. b); “È la speranza che non è più nostra; / speranza irreversibile” commenta / il suo silenzio rigido senza più lotta / mentre allunga la mano alla porta, risoluta a scendere. (“variante” Aut. b)—34 e getta un’occhiata di squincio al casamento, alto, che tra poco la inghiotte.] e +getta un’occhiata+ di squincio al casamento +alto+ che tra poco +la inghiotte.+ (“variante” Aut. a)

In auto come in “L’uno e l’altro”; la figura femminile è analoga a “In due”. Per “controsole” (v. 2) cfr. “Tra quattro mura”, v. 53; per l’accusa (v. 4), il “sorriso / dimesso” (vv. 10-1), il “silenzio rigido” (v. 32) e l’”occhiata” (v. 34) cfr. i riscontri citati nelle note a “Presso il Bisenzio”; per “doloroso affetto” (v. 16) cfr. “In due”, vv. 31-5; anche il flash-back memoriale dei vv. 20-4 presenta affinità con “In due” ai vv. 14-6.

TERRAZZA (p. 343)

M 43-5; TP79, II 95-6; TP88 (98, I), 345-6.

EUL—Prima stampa in “L’Europa letteraria”, V, 29, maggio 1964, pp. 44-5, con il titolo “Sulla terrazza”. Probabile refuso di spazio interstrofico ai vv. 10-1.

4 di movenze felpate e caute] di movenze felpate e caute; EUL—30 quasi scorga in basso lungo i tornanti] quasi scorgano in basso lungo i tornanti EUL—38-9 Lei ombra.] Lei tace, lo fissa dal crocchio che le fa ressa e festa d’intorno e tra / ciglia e zigomi le cala un’ombra. EUL

L’ambientazione è presso la villa dei conti Blasi Foglietti, nella campagna di Pontassieve; si allude ad una sostituzione sentimentale tra l’io e “lui” nei confronti della donna (ai vv. 16-26); sull’amore cfr. il regesto nelle note a “Presso il Bisenzio”. Per “storna gli occhi” (v. 5) vedi il tema degli occhi deboli inventariato nelle note a “Presso il Bisenzio”; anche per il guardare (v. 12), il silenzio (vv. 18, 24) e l’accusa come “morso del rimprovero” (v. 25) cfr. note a “Presso il Bisenzio”; per lo sguardo lampeggiante della donna (v. 28) – opposto a quello sfuggente (vv. 5, 23) di “lui”, come già in “Ménage “– cfr. i riscontri sul tema della luce nelle note a “Ménage”. I vv. 30-1 alludono a una corsa metafisica di tipo ascetico.

NELLA HALL (p. 345)

M 46-7; TP79, II 97; TP88 (98, I), 347.

Aut.—Due foglietti (20×15), al “recto”, con lievi correzioni. In particolare si tratta dell’inserimento successivo dei vv. 10-4.

Ds.—Foglio, “recto” e pulito.

14 un volto forse, ma contaminato da un morbo.] +un volto forse, ma+ contaminato da un morbo. Aut.—16 che infatti prende quota nella penombra,] che infatti +prende quota+ nella penombra, Aut.—27 Mentre fuori è giorno, mentre la vetrata canta] Mentre fuori è giorno, mentre la +vetrata+ canta Aut.

Ancora uno spazio occasionale e momentaneo (cfr. l’inventario dei luoghi in “Nel caffè”); per il primo verso e il v. 22 cfr. il discorso del secondo interlocutore di “Presso il Bisenzio”, vv. 50-6; per il trasformismo spirituale del v. 4 cfr. “Tra notte e giorno”, vv. 20-1; anche il v. 14 espande il “viso / disfatto” di “Tra notte e giorno”, vv. 36-7; per i vv. 7-9 cfr. Eliot, “Little Gidding”, II, vv. 46-7, FQ: “I was still the same, / Knowing myself yet being someone other –” (“Io ero ancor lo stesso, / Mi conoscevo, eppure ero qualcun altro”, tr. F. Donini) e per i vv. 11-2 sempre dalla stessa fonte, v. 51: “Too strange to each other for misunderstanding” (“Troppo estranei l’un l’altro per non intenderci”, tr. F. Donini); per la “voce” (v. 15) cfr. i rinvii segnalati nelle note a “Presso il Bisenzio”; il “lago” (v. 29) è il Lago Maggiore, frequentato dal poeta in occasione di un convegno letterario.

L’INDIA (p. 346)

M 48-50; TP79, II 98-9; TP88 (98, I), 348-9.

Aut.—Due fogli, al “recto”, con correzioni.

Ds.—Due fogli, al “recto” e puliti.

17 di lei, neppure l’amarezza, ed attendo.] di lei, neppure l’amarezza, ed attendo. | Aut.—19-20 e nel … bimba] e nel loro riverbero le colgo di sfuggita l’accenno / d’un sorriso estremo tra di vittima e di bimba Aut.—29-33 “Ascoltami … fronte.] E già penso al chiarore diaccio della sala dopo il technicolor / e a lei che sul punto di partire / mi guarda da dietro la lampada | / della sua solitudine tenuta alzata di fronte. / “Ascoltami” xxx +comincio a mormorarle+ (“verso spostato con un segno al v. 29 come risulta a stampa”) Aut.—40 per se stessa salita sul pulpito, e quasi si annulla.] per se stessa salita sul pulpito, e +quasi si annulla.+ Aut.—43 mentre scorre in un brusio d’api, nel film senza commento, l’India.] mentre scorre in un brusio d’api, +nel film+ senza commento, +l’India+. Aut.

Altro luogo della transitorietà (cfr. poesia precedente) è il cinema, dove si proietta un documentario sull’India (v. 43). La donna è la stessa di “Ménage” e delle altre occorrenze colà in nota segnalate. “Karma” (v. 1) nelle religioni indiane è l’esito delle azioni compiute in vita, che determinano il destino e la successiva reincarnazione; “paria” (v. 10) è usato nel significato originario di appartenente alla casta sociale più bassa dell’India; “lembo” (v. 13) e “frangia” (v. 14) sono parole care anche a Montale, però in altri contesti (“Il silenzio ci chiude nel suo lembo”, “Crisalide”, v. 71, OS; “La frangia dei capelli che ti vela”, “La frangia dei capelli”, v. 1, OC). Il “sorriso” (v. 20) che lascia una “grazia” (v. 21) non è apparentabile agli altri deboli sorrisi del libro, inventariati in “Presso il Bisenzio”. Il “giogo” (v. 24) richiama il “giogo” coniugale di “Ménage” (v. 42). L’accusa di disamore della donna al poeta (vv. 34-8) rientra solo parzialmente nella sequela delle accuse all’io (inventariate nelle note a “Presso il Bisenzio”) in quanto la donna stempera e ironizza subito il proprio ruolo giudicante (vv. 39-40).

DOPO LA FESTA (p. 348)

M 51-3; TP79, II 100-1; TP88 (98, I), 350-1.

Aut.—Due fogli, al “recto”, con lievi correzioni (Aut. a) e nota finale per gli ultimi versi “v. foglio a parte”; due fogli, al “recto”, con correzioni e in stesura in prosa, con al termine prove dei vv. 46-52 (Aut. b); due fogli, al “recto”, stesura in prosa con correzioni (Aut. c). Di Aut. c si riporta una variante dell’incipit:

Siamo già ai commiati. Ma entrano in scena i due ultimi, maestro e discepolo direi, o altro rapporto in cui uno debba essere o fingersi pivello e tributario del gran vecchio. Il quale gli fa posto sul divano accanto a sé, si mostra, un po’ stanco, premuroso a dargli udienza. “Oh se la capisco, può credermi” alza la voce quanto l’altro l’aveva smorzata umilmente sincero, lo si vede, suo malgrado mentre guarda sull’altro un riverbero del fuoco che l’arse ma non senza residui come vorrebbe, con quel po’ di cenere fredda e grigia.

Ds.—Due fogli, al “recto” e puliti.

1-2 Siamo … i due] Siamo già ai commiati quando vengono alla ribalta +per caso+ i due Aut. b—3-5 maestro … vecchio.] maestro e discepolo direi, +direi+ insomma +fermi+ al sottinteso patto che l’uno è uomo di poteri ampi, lungimirante, saggio, l’altro il pivello +fervoroso+ tributario +in tutto+ del vecchio. Aut. c—10-1 che … porta.] che +sul punto di andarsene le si stringono attorno per+ +gli addii+ e fanno ressa verso +il vestibolo+ e la porta. Aut. c—11 e fanno ressa verso il vestibolo e la porta.] e fanno ressa verso il vestibolo e la porta . Aut. b—15-6 tra … soglia.] tra il guardaroba e +gli estremi convenevoli, fatti con la dovuta grazia+. Aut. c—18-20 quasi … giusto.] quasi +tornati in noi a raccogliere +insieme+ i magri frutti+, medita+ndo+ sul vano del+la+ +festa+, eletti a cose più alte e solo +un po’+ indulgenti verso le +frivole com’è giusto+. Aut. c—20 eletti a cose più alte e solo un po’ indulgenti con le frivole, com’è giusto.] eletti a cose più alte e solo un po’ indulgenti +con+ le frivole, com’è giusto Aut. a—22-37 speranza di riscatto … malgrado] speranza di riscatto ; “Non creda +non conosca i suoi pensieri. Per di più li condivido” mi dice tirando+ le labbra +rugose+ e le corde +aride+ del collo. ” +Ma sa basta qualcuno che mi ripaghi con la sua presenza+” +aggiunge poi ruotando gli occhi dove+ s’intenerisce un grano di follia | si rompe in una tenerezza febbrile. È là +che batte il suo cuore + +inverosimile; ne è fiera e avvilita, mi dico+. +”Coraggio occorre”, alza la voce il +maestro+ quanto l’altro aveva smorzato la sua. ” +Coraggio, mi creda”, insiste poi+ sincero, si vede, suo malgrado Aut. c—23-4 “Non … filo] “Non creda non conosca i suoi pensieri. +Per di più li condivido”+ / dice tirando in un guizzo altero il filo Aut. a—24-5 dice … aride.] dice tirando le labbra rugose e le corde del collo in un guizzo altero Aut. b—28-30 dove … palpitando.] dove un grano di follia si rompe in tenerezza, / in un liquor febbrile +palpitando+. | dove si rompe in tenerezza un grano / di follia in un liquor / febbrile palpitando. Aut. a; dove un grano di follia si rompe in tenerezza febbrile | febbricitante e ??? | dilagando in un liquor febbrile. Aut. b—32 ne è fiera ed avvilita” penso] ne è fiera ed avvilita” +penso+ Aut. b—34 ma lontano, sicuro di sé, e frustrante.] +ma lontano, sicuro di sé e frustrante.+ Aut. b; ma lontano, sicuro di sé e frustrante. Aut. a—35 “Coraggio” alza la voce il maestro] “Coraggio ” alza la voce il maestro Aut. b—36 quanto l’altro aveva la sua smorzata e spenta. “Coraggio] quanto l’altro aveva smorzato la sua. “Coraggio Aut. a—36-7 “Coraggio _ malgrado] “Coraggio +occorre+ “, insiste poi sincero (si vede) Aut. b—39 ma non senza residui come ora vorrebbe,] ma non senza residui come vorrebbe, Aut. c—40 con quel po’ di cenere diaccia e grigia.] con quel po’ di cenere spenta e grigia. Aut. a, Aut. b, Aut. c—41-4 “Vada … rabbrividisce] “La capisco perfettamente” ripete +e tace a lungo+ dinanzi all’altro più interdetto che +acceso da quel grido ora che il vecchio va oltre la sua parte+ e rabbrividisce Aut. c—42 dinanzi a lui interdetto dal silenzio più che acceso dal grido;] dinanzi a lui interdetto dal silenzio più che acceso dal grido Aut. a—42-3 dinanzi … parte] dinanzi +a lui+ interdetto +dal silenzio più+ che acceso da+l+ grido +perché+ il vecchio +è chiaro+ va oltre la sua parte Aut. b—45 non meno oscuro dell’altro che gli soffia in viso dall’opposto polo.] non meno oscuro dell’altro che gli soffia in viso dal polo opposto. Aut. a, Aut b, Ds.; non meno oscuro dell’altro che gli soffia in viso dal +polo+ opposto Aut. c—46-52 “Che … colpi.] “Che uomo” dicono gli occhi di lei tornati vitrei, ma non senza dolcezza e io guardo in quell’attimo i bicchieri +lasciati qua e là sulle mensole+ i portaceneri colmi di mozziconi e ascolto la pendola di Sèvres +ritmare un tempo str+ e io guardo in quell’attimo i bicchieri / lasciati qua e là sulle mensole e ascolto / la pendola di Sèvres battere molti colpi Aut. b (“come variante la stesura definitiva eccetto il v. 49”: devota a un dio che non le dà +negli anni+ risposta +o+ cenno); “Che uomo” dicono gli occhi di lei tornati vitrei, ma non senza dolcezza : e io guardo +in quell’attimo+ i bicchieri vuoti i portaceneri colmi di mozziconi e ascolto la pendola di Sèvres battere molti colpi. Aut. c; “Che uomo” saettano gli occhi di lei tornati vitrei ma non senza dolcezza; +/+ e io guardo in quell’attimo i bicchieri / lasciati qua e là sulle mensole e ascolto / la pendola di Sèvres battere molti colpi. Aut. a—49 devota a un dio che non le dà negli anni risposta o cenno;] devota a un dio che non le dà negli anni risposta o cenno, Ds.

Secondo Scorrano (p. 619) “l’insieme si può leggere come trasposizione ironica in un ambiente mondano del celebre episodio dantesco” di Brunetto Latini, più volte ricordato in queste note; vedi, in effetti, per il v. 12 il “non ti dispiaccia / se Brunetto Latino un poco teco / ritorna ’n dietro” (“Inf.” XV 31-3); per il v. 22 “Così adocchiato da cotal famiglia” (“Inf”. XV 22); per il v. 41 “Se tu segui tua stella, / non puoi fallire a glorïoso porto” (“Inf”. XV 55-6). Per il “sorriso” che “fredda” (v. 13) e le “labbra rugose” (v. 25) cfr. i rispettivi inventari nelle note a “Presso il Bisenzio”; ma “gli occhi accesi” (v. 27) hanno una connotazione se non positiva almeno momentaneamente comprensiva (vv. 27-30) da parte dell’osservatore, forse primo frutto della propria educazione a un amore-carità (cfr. la poesia precedente), quantunque poi tali occhi gli riappaiano come “vitrei” (v. 46). Per “penso” (v. 32) cfr. l’inventario delle occorrenze in “Nel caffè e per “la voce” del maestro-idolo (v. 35) e il successivo “silenzio” (v. 42) quello nelle note a “Presso il Bisenzio”. Sul “fuoco che lo arse” (v. 38) cfr. l’esibito bruciare al “fuoco della lotta” dei compagni in “Presso il Bisenzio”, oltreché memorie dantesco-eliotiane diverse, dal citato “cotto” Brunetto-dead master ad Arnaut Daniel (“Poi s’ascose nel foco che li affina”, “Purg”. XXVI 148), caro all’Eliot di “The Waste Land”, anche se in questo caso il fuoco lascia i residui, aborriti da Luzi (cfr. “Un fuoco così mite basta appena, / se basta, a rischiarare finché duri / questa vita di sottobosco”, “Las animas”, vv. 26-8, OV; “Fumo”, FCA).

TRA QUATTRO MURA (p. 350)

M 54-6; TP79, II 102-3; TP88 (98, I), 352-3.

Aut.—Foglio, “recto”, della stesura in prosa con correzioni (Aut. a); due fogli, al “recto”, in prosa con correzioni e varianti (Aut. b). Di Aut. b trascriviamo la stesura di un incipit poi abbandonato:

“Oh il vostro cristianesimo” – gli dico – “o crepato trabocca in tutto l’altro, sia pure il deserto, oppure è un fiumicello da nulla che impesta gli orti sotto casa”. Deglutisce un sorriso inespresso e si fa piccino cercando fermezza di risposta proprio lì nel suo aspetto di pretonzolo e di oscura formica.

Prima stampa in “Momento sera”, 20-21 gennaio 1966, p. 3, nella rubrica “Supplemento letterario del Giovedì a cura di Giancarlo Vigorelli”, con il titolo “Dentro una stanza”

5-13 Subito … formica.] Non so perché è visibile il disagio con cui riascolto come da un nastro crudele quelle parole nette mentre non ritrovo in me la freschezza della loro sorgente. Ma lui deglutisce un sorriso inespresso e si fa piccino cercando fermezza di risposta proprio lì nel suo aspetto di pretonzolo e di oscura formica Aut. b—6-9 riascolto … esca.] riascolto come da un nastro crudele +quelle+ parole nette ancora mie eppure già lontane +dall’intento, là nella parte amorfa del pensiero che aspetta un’esca+. Aut. a; riascolto come da un nastro crudele +le+ parole +così+ nette ancora mie eppure già lontane dalla viva sorgente. Aut. b—15-6 non … fardello] non offrire resistenza, | non opporre niente decifro bene il suo contegno sia +l’antica +tattica+ o il fardello+ Aut. b—18 E penso al pane della salvezza tenuto in serbo,] E penso con orrore al pane della salvezza tenuto in serbo Aut. b—21-3 “Credi … sguardo] “Credi? mi fa” dopo | +”Credi?” rompe infine quella+ pausa che solo a me è sembrata lunga +e+ di sotto in su +la+ cornata +d’uno sguardo+ Aut. b—27 crescere, crescere fino a un’obbrobriosa sicurezza.] crescere +crescere+ fino a un’obbrobriosa sicurezza. Aut. a—28-30 Ed … springando.] E ora è lì +uomo diverso e fermo+ come +se+ aspetti il mio ritorno al passo alla stalla dolorosa da cui ero partito in fuga scalpitando! springando Aut. b—32 nella certezza della buona norma ignorando il resto mi offende”] nella certezza della buona +norma+ ignorando il resto mi offende” Aut. a; nella certezza della buona regola ignorando il resto mi offende Aut. b—33 e ormai non è più l’amore storto] e +ormai non+ è più l’amore offeso | storto Aut. b—35-53 Male … deserta.] Lui tace in un accorato broncio ed abbassa gli occhi e io con un limìo dentro osservo alle sue spalle la foto che lo mostra giù sfrecciante e dietro +a lui+ uno spolverio di neve contro sole nella discesa deserta. E questo tempo non ci dà altro modo di ritrovare la comune origine e la comune esperienza che questo silenzio, mi dico e penso alla sua vita tesa e senza sospetto che ha pagato tutto lo scotto e passato il fuoco senza arrostire mentre lui tace in un accorato broncio e io guardo | scorgo sul muro alle sue spalle la foto che lo mostra giù sfrecciante e dietro a lui uno spolverio di neve controsole nella discesa deserta. “Tu che forse sei uscito dalla casa e solo per ciò la trovi angusta”, mi dice poi, “t’inebri alla ventata non perché ravviva ma solo perché distrugge. Puoi riconoscerti in molti ma non averne conforto”. Aut. b; Male, mi dico, ma non c’è altro verso di sapersi avvinti a uno stesso dolore che questo diverbio mentre tace in un accorato broncio +non ??? amarezza,+ | il viso gli si allunga; e si cinge di un’imbronciata infanzia | e guardo, con un limìo dentro, la stanza alle sue spalle e in essa la sua vita che mi parla in qualche suo lacerto. Pagato tutto lo scotto, passato il fuoco senza cedere o arrostirmi mi grida dal muro la foto che lo mostra giù sfrecciante e dietro a lui lo spolverio di neve contro sole nella discesa deserta. (“variante” Aut. b)—34-5 e riottoso … verso] e riottoso che parla in me +ma l’alterco.+ Male, +male,+ ma +non c’è+ altro verso Aut. a—38 mi dico mentre il viso gli si allenta] mi dico mentre il viso gli si +allenta+ Aut. a 41-3 e solo … penosa] e +solo allora osservo, + la stanza e in essa +, con un limìo dentro,+ +una+ vita +penosa+ Aut. a—50-1 guardando … ragazza] guardando fuori la montagna +che avvalla e scorgo+ la ragazza Aut. a

Il colloquio con il “pretonzolo” (v. 13) si svolge a Cortina (cfr. i versi della veduta esterna ai vv. 50-3, dove ritorna il “controsole” di “Prima di sera”, v. 2). Il motivo costante della recriminazione su un inadeguato cristianesimo si svolge in questo caso tra l’io e l’interlocutore. Per il v. 4 cfr. Parini, “La salubrità dell’aria”, vv. 94-5: “ammorba l’aria lenta, / che a stagnar si rimase”. Per il “sorriso inespresso” (v. 11), “la cornata di uno sguardo” (v. 23) e lo schivare la sua “occhiata” da parte del poeta guardando fuori (vv. 49-50), l’”amore storto” (v. 33) cfr. le note a “Presso il Bisenzio”; per “penso” (v. 25) cfr. invece Nel caffè; “springando” (v. 30) vuol dire “tirando calci” (è voce germanica, usata dal Carducci; cfr. “Dan di sprone i cavalieri, i cavalli springan salti”, “La sacra di Enrico V”, v. 21, GE); per “limìo” (v. 42) come “struggimento”, cfr. Ungaretti, “Silenzio”, v. 5, A: “Nel cuore durava il limio”; i vv. 46-7 riprendono e connotano negativamente un’analoga metafora di “Nell’imminenza dei quarant’anni”, vv. 7-8, OV: “com’è rapida a marzo la ventata / che sparge luce e pioggia”; “l’ultima ragazza” (v. 51) è breve epifania di luce, analogamente alla “giovinetta” di “Il giudice” (vv. 24-8).

ACCORDO (p. 352)

M 57-8; TP79, II 104; TP88 (98, I), 354.

Aut.—Due fogli, al “recto”, con variante (Aut. a); foglio, al “recto”, pulito, con diversa stesura, senza scansione strofica (Aut. b); due fogli, al “recto”, di abbozzi (Abb. a, b).

Ds.—Foglio, “recto” e pulito, con il titolo “Tra guerra e pace”.

1 – Il corso d’una vita deciso in nostra vece chi sa come e quando] Il corso d’una vita decisa in nostra vece chi sa come e quando Aut. a, Aut. b, Abb. b—4-7 Lei … viatico.] Ho ben presente il tuo credo / mentre porto come so il mio peso / e neppure mi chiedo se in qualcosa non ecceda. Abb. b; Ti ho presente, ben viva nell’aspetto / di colei come angelo o deva / soffre ma pronunzia il suo credo (“variante” Abb. b); la donna come angelo o deva / m’accoglie nella parte più viva della casa / mi dà questo saluto e questo viatico. (“variante” Abb. b)—5-6 ben … casa,] ben +ferma+ nel suo aspetto di angelo o deva / m’accoglie nella parte +viva+ della casa Aut. b—8-22 Non … fermo.] Lascio che il cuore trattenga il suo messaggio / (ero qui per dirle: ti devo / questo amore che è tutto l’amore, / assai più che l’unione anima e corpo / e il compenetrarsi dei pensieri) e taccio / Lei scruta se m’arriva / la luce delle sue parole, / mi tiene sotto il fuoco delle sue pupille / e io penso a un canto di prigionia Aut. b—8-14 Non … messaggio] Non a caso ero qui per dirle: ti devo / questo amore che assomma ogni altro amore / assai più che l’unione anima e corpo / e il compenetrarsi dei pensieri, / ma trattengo questo messaggio Abb. a; Non a caso | Non per altro ero qui comparso dall’oscurità del bosco al suo cospetto / macinando pensieri senza costrutto / pel sentiero battuto dall’artiglieria da campo. Mi tiene | Raccolgo sotto il fuoco delle sue pupille +questo messaggio+ / e scruto se m’arriva (“variante” Aut. a); Né spero questa volta o attendo / le scorra sulla fronte – sospetto / per la mia incredulità e indulgenza / in essa – il lampo d’arguzia / solo vacilla al contraccolpo d’una fede / troppo grande (“variante” Abb. a); Questa volta non spero e non attendo / le scorra sulla fronte il lampo d’arguzia / sospetto della mia incredulità o indulgenza per essa. (“variante” Abb. a)—11-5 Né … crisma.] Né spero questa volta di sorprenderle / sulla fronte il lampo d’arguzia, / sospetto della mia incredulità e indulgenza | Né spero né desidero sorprenderle questa volta il lampo +che sprizza+ / | sospetto +della+ mia incredulità e +insieme dolcezza+ / +In silenzio+, raccolgo sotto il fuoco delle sue pupille questo messaggio / ben +deciso a credere contenga+ la sanzione e il crisma. Aut. a—16 Che importa la materia della fede quando è così grande,] Che importa la materia della fede quando è così grande – Ds.—18 la luce delle sue parole nel punto esatto;] la luce delle sue parole nel punto esatto Aut. a

Per la donna numinosa (“angelo o deva”, v. 5, dove “deva” sta per “divinità” in sanscrito) e il “lampo” (v. 12) del suo sguardo, cfr. “Ménage” e i relativi rinvii; il v. 6 riprende il v. 2 di “Ménage”, anche se la casa in questione è probabilmente diversa: il “bosco” e i vv. 8-10 suggeriscono uno scenario alpino (forse Cortina, come nella poesia precedente); per il “canto di prigionia” (v. 20) cfr. il “giogo” di “Ménage” (v. 42) e di “L’India” (v. 24).

fonte Italica (RAI)