Biografia

a cura di Stefano Verdino

Mario Luzi nasce a Castello, frazione di Sesto Fiorentino, il 20 ottobre 1914. Il padre Ciro (1882-1965) è il locale capostazione, la madre Margherita Papini (1882-1959), casalinga; ha una sorella maggiore, Rina (1912-2002), a cui sarà sempre molto affezionato. Entrambi i genitori sono maremmani, di Samprugnano (oggi Semproniano, Grosseto) e nel paese avito Luzi trascorre tutte le estati fino al 1940, insieme alla numerosa schiera di zii e cugini. Luzi è legatissimo alla madre, figura centrale in tutta la sua esistenza, ricordata in tante poesie in vita e in morte. A lei Luzi deve la propria radice cristiana: «Mi affascinava il suo trasportare tutte le cose in una interiorità, che forse la società modesta in cui si viveva allora non sentiva come bisogno primario. Il cristianesimo è stato prima di tutto un’ammirazione e una imitazione di mia madre. Io sono entrato per quella porta, che era una porta naturale, ma anche già selettiva. Altre figure di donne di chiesa o l’esperienza catechistica non mi dicevano nulla, anzi di queste ero piuttosto insofferente».

Nel 1926 il padre è trasferito alla stazione ferroviaria di Rapolano Terme nel Senese; per evitare al ragazzo un faticoso pendolarismo fino a Siena per la terza ginnasio, nell’ottobre 1926 è andato allo zio paterno Alberto Luzi (1891-1940), anch’egli funzionario ferroviario e residente a Milano, dove Mario comincia la terza ginnasio al Parini. Ma la lontananza dalla famiglia è troppo gravosa e dopo pochi mesi, nel febbraio 1927, torna in casa a Rapolano, completando gli studi ginnasiali al Tolomei di Siena, con sistemazioni provvisorie in città da amici e parenti: «Poi rientrai a Siena. E Siena fu la prima rivelazione vera e propria della vita, delle ragazze, dell’amore, e poi dell’arte. E questo è stato il periodo dell’iniziazione all’arte, alla pittura senese, al sogno dell’arte, del fare qualcosa nel campo dell’arte. È un luogo madre Siena, è la città della Vergine, c’è questa associazione femminile a Siena come luogo materno».

A seguito di un nuovo trasferimento paterno, Luzi rientra a Firenze nell’ottobre ’29 al Galileo in prima liceo classico; comincia l’epoca delle letture formative: «La mia ambizione era la filosofia. Al liceo spesso marinavo la scuola per andare a leggermi in pace i miei filosofi, specialmente S. Agostino di cui il decimo libro delle Confessioni doveva poi diventare il mio breviario per tanti aspetti». Scrive anche i primi versi, pubblicati su una rivistina studentesca «Il Feroce», animata da Fosco Maraini. Iscrittosi nel novembre 1932 a Legge, a dicembre passa a Lettere: ha come docenti Attilio Momigliano (che non lo entusiasma), Giorgio Pasquali e Luigi Foscolo Benedetto, suoi principali maestri. Tra i compagni incontra per primo il coetaneo Piero Bigongiari. L’anno dopo conosce lo studente salentino di un anno più anziano Oreste Macrí ed i già laureati Carlo Bo e Leone Traverso, con cui si vede al Caπe san Marco, sulla piazza d’accesso all’Università. Importante sulla sua formazione è l’amicizia con Bo, di qualche anno maggiore e già attivo in campo critico, con cui condivide il patrimonio di molte letture, soprattutto di area francese. Particolarmente intensa è l’amicizia con Leone Traverso, padovano e insigne germanista. Completano il quadro dei più cari amici la conoscenza con Romano Bilenchi, Alessandro Parronchi e i più anziani Carlo Betocchi e Ottone Rosai. Comincia a collaborare con poesie e saggi a varie riviste, tra cui le fiorentine «Il frontespizio» e «Letteratura».

In novembre 1933 conosce all’Università la matricola Elena Monaci (nata ad Ascoli Piceno nel 1913), che sposerà nel 1942 e sarà per vari decenni un’apprezzata insegnante liceale a Firenze. Nell’autunno 1935 il battesimo poetico con il libretto di versi La barca (Guanda, Modena) che gli suscita vari consensi (Bo, Betocchi, Vigorelli): il primo è di uno sconosciuto coetaneo, Giorgio Caproni, che da Genova firma la prima recensione (sul «Popolo di Sicilia» del 29 novembre 1935). Dopo la laurea nel ’36 (con Benedetto, su Mauriac), intraprende la carriera d’insegnante: la prima supplenza a Massa (1937), poi, vincitore di concorso, per italiano e latino, insegna a Parma (1938-40), dove conosce Bertolucci e visita spesso a Bologna Morandi. Insegnerà poi a S. Miniato (1941) e sarà distaccato a Roma (1941-43), presso la rassegna bibliografica “Il libro italiano” del Ministero. Frequenta dal ’37 a Firenze il Caπe delle Giubbe Rosse, incontrandosi con Montale, Palazzeschi, Gatto, Landolfi, Bonsanti e Vittorini. Nel 1940 la pubblicazione delle liriche di Avvento notturno da Vallecchi lo addita tra i poeti nuovi più importanti. Nel ’42 pubblica l’edizione riveduta di La barca, la prosa Biografia a Ebe, i saggi di Un’illusione platonica. Alla caduta del fascismo, con Bilenchi, Cancogni, Parronchi e Pandolfi tenta di redigere per «La Nazione» un manifesto liberal-socialista, che sarà poi bloccato dalla polizia badogliana. Ripara con la moglie in avanzata e perigliosa gravidanza in Val d’Arno, sopra Montevarchi, dove nasce il suo unico figlio Gianni, il 17 ottobre 1943.

Rientrato a Firenze dopo la liberazione, insegna a lungo al Liceo Scientifico Leonardo da Vinci, mentre incrementa varie collaborazioni a giornali e riviste (con saggi, recensioni, anche cinematografiche su «La Nazione»). Pubblica i versi di Un brindisi (1946), Quaderno gotico (1947), Primizie del deserto (1952, che gli frutta il Premio Carducci, primo importante riconoscimento), Onore del vero (1957, Premio Marzotto); i saggi di L’inferno e il limbo (1949), Studio su Mallarmé (1952), Aspetti della generazione napoleonica (1956); l’antologia L’idea simbolista (1959).

Nel 1959 muore la madre: «Ho dovuto sopportare il più grave dolore che a un uomo possa toccare: ho perduto, il 9 maggio, la mia carissima mamma – scrive all’antica amica Giuseppina Mella. – Sono uscito da questa prova distrutto moralmente e fisicamente». Alla madre verrà dedicata la raccolta complessiva di tutte le sue poesie, Il giusto della vita, edito da Garzanti nel 1960, mentre la sua figura sarà anche al centro delle liriche di Dal fondo delle campagne (1965). Dal 1955 è incaricato di Lingua e cultura francese presso la Facoltà di Scienze politiche Cesare Alfieri di Firenze (dal ’63 per questo esonerato dall’insegnamento al Liceo); vincerà la cattedra solo nel 1981 e sarà pensionato nel 1989. Dal ’62 è invitato dal rettore Carlo Bo a tenere corsi di Letteratura comparata all’Università di Urbino, dove conosce Franca Bacchiega, giovane anglista e scrittrice, fonte d’ispirazione poetica per poesie di Nel magma (1963) e di Su fondamenti invisibili (1971). Nel 1965 nasce Andrea, figlio del figlio Gianni e della moglie Loretta Bollesi; poco dopo muore il vecchio padre Ciro. Comincia l’attività di drammaturgo in versi, che era già stata giovanile tentazione (Pietra oscura nel 1947, edita solo nel 1994) e viene poi di nuovo stimolata dal successo della propria traduzione in versi del Riccardo II di Shakespeare fatta nel ’65 per Gianfranco De Bosio e Glauco Mauri. Scrive Ipazia, radiotrasmessa il Natale del 1971 e poi più volte posta in scena, a partire dalla realizzazione di Orazio Costa per l’estate di San Miniato (1979) con Ilaria Occhini e Gianrico Tedeschi protagonisti. Frequenti d’ora in poi i rapporti con il mondo del teatro: nel 1983 il Maggio Musicale e lo Stabile di Genova mettono in scena Rosales con protagonisti Giorgio Albertazzi ed Edmonda Aldini, per la regia di Orazio Costa; ha poi varie committenze teatrali: da Pietro Carriglio per il teatro di Palermo (Corale della città di Palermo per Santa Rosalia, 1989, Il fiore del dolore sull’omicidio di don Puglisi, nel 2003) e dalla compagnia di Federico Tiezzi e Sandro Lombardi (la riduzione teatrale dantesca Il Purgatorio. La notte lava la mente, 1990, il dramma sul Pontormo Felicità turbate, 1995; la traduzione di scene da Amleto, 2001).

Dal 1972 vive da solo a Firenze nel piccolo appartamento di via Bellariva e trascorre le estati in Val d’Orcia, in particolare a Pienza, dal 1978, ospite di don Fernaldo Flori, un sacerdote di straordinaria spiritualità, suo essenziale interlocutore fino alla morte (avvenuta nel 1996). Conosce una eccezionale vecchiaia, di straordinario vigore creativo: i versi (sempre editi da Garzanti) di Al fuoco della controversia (1978, premio Viareggio), Per il battesimo dei nostri frammenti (1985), Frasi e incisi di un canto salutare (1990), Viaggio terrestre e celeste di Simone Martini (1994); i drammi Libro di Ipazia (1978), Rosales (1983), Hystrio (1987), editi da Rizzoli; Io, Paola, la commediante (1992, omaggio a Paola Borboni), Felicità turbate (1995), Ceneri e ardori (1997) editi da Garzanti; la raccolta delle prose Trame (1982), i saggi Vicissitudine e forma (1974), Discorso naturale (1984), Naturalezza del poeta (1995), la raccolta di antiche recensioni sulla narrativa sudamericana degli anni Sessanta (Cronache dell’altro mondo, 1989) e sul cinema degli anni Cinquanta (Sperdute nel buio, 1997, a cura di Anna Maria Murdocca). Dagli anni Settanta viene frequentemente invitato all’estero: negli USA (1974, 1984, 1988, 1993) in Svezia (1974, 1980), in Olanda (1975, 1978), in Irlanda (1977, 1985, 1990), in Francia (1978, 1985, 1987, 1991, 2002), a Praga (1980), in Cina (1980), in Germania (1989, 2000), a Varsavia (1994), a Gerusalemme (1995), in Turchia (1997), in Spagna (1998, 1999), in Grecia (2001), a Lisbona (2002). Si moltiplicano le traduzioni delle sue poesie in varie lingue (francese, inglese, tedesco, spagnolo, rumeno, polacco, russo, turco, ecc.). Dal 1991 per vari anni è ripetutamente candidato al Nobel per la letteratura dall’Accademia dei Lincei. Il 18 gennaio 1997 il Presidente della Repubblica francese Jacques Chirac lo insignisce della Legion d’Onore.

Nel 1998 si pubblica nei Meridiani Mondadori L’opera poetica, a cura di Stefano Verdino, che raccoglie l’insieme della sua produzione ultrasessantennale. Su invito di Giovanni Paolo II scrive un testo per la Via Crucis della Pasqua 1999, che viene recitato il venerdì santo (2 aprile) al Colosseo da Sandro Lombardi alla presenza del papa (poi Via Crucis al Colosseo, edita in giugno da Garzanti; La Passione esce anche con un’edizione pregiata a cura di Paolo Mettel presso Tallone, in occasione degli ottantacinque anni del poeta). Dal 1991 a partire dalla Prima guerra del Golfo ha più volte espresso il proprio dissenso nei confronti del ritorno alla pratica armata da parte delle grandi potenze e nel maggio 1999 è estensore di un documento di protesta contro la guerra della Nato in Serbia, sottoscritto da molti scrittori e intellettuali europei, da Harold Pinter a Raphael Alberti a Carlo Bo. Nonostante il moltiplicarsi di viaggi e vari impegni anche di carattere civile continua, alla soglia dei novant’anni, la sua prodigiosa vena creativa con i versi di Sotto specie umana (1999) e Dottrina dell’estremo principiante (2004); i saggi di Vero e verso (2002), da Garzanti, e i frammenti scenici di Parlate (2003), presso Interlinea. Il 22 dicembre 2000, per il Giubileo, nel Duomo di Firenze rappresentazione di Opus florentinum, protagonista Andrea Jonasson, regia di Giancarlo Cauteruccio, musiche originali di Hideiko Hinohara (edito da Passigli; nel 2002 Paolo Mettel ne darà la versione finale completata presso Armando Dadò Editore a Locarno). Il 3 luglio 1999 a Pienza si inaugura, con Cesare Garboli, il Centro Studi su Mario Luzi “La barca”, animato da Anna Maria Murdocca, Marco Marchi, Paolo Mettel, Giancarlo Quiriconi, Nino Petreni e Mario Specchio (vi è custodita la Biblioteca del poeta ed ogni anno si pubblica un “Bollettino” e si organizzano eventi su Mario Luzi). Nell’ottobre 2001 il bibliofilo Beppe Manzitti segnala il rinvenimento presso un antiquario fiorentino del manoscritto originario di La barca e una serie di inediti anche precedenti, in seguito acquisiti dal centro “La barca” di Pienza e poi editi da Garzanti nel febbraio 2003 con il titolo Poesie ritrovate. Il 21 marzo 2003 è eletto Accademico della Crusca.

Il 14 ottobre 2004 il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi nomina Mario Luzi senatore a vita, dando soddisfazione ai vari appelli in tal senso, organizzati da Anna Buoninsegni e Carlo Fini, con firme di migliaia di cittadini italiani. Il 20 ottobre a Firenze solenne festeggiamento per il novantesimo compleanno; altre manifestazioni e convegni in autunno a Siena, a Pescara, a Belluno, all’Università di Verona, agli Aereoporti di Roma, al Congresso degli Italianisti (Lucca), a Sestri Levante. Molte le concomitanti pubblicazioni (il carteggio con Caproni da Libri Scheiwiller; l’antologia poetica, a cura di Valerio Nardoni, e l’iconografia Vita fedele alla vita, a cura di Fabio Grimaldi, entrambe edite da Passigli; Toscana mater, con testi in versi e prosa sul paesaggio toscano, a cura di Carlo Fini, Luigi Oliveto e Stefano Verdino, da Interlinea) ed edizioni d’arte (È libera, è pulsante, poesie inedite; E tutto par nato da quella, versi di poeti italiani scelti da Giovanni Raboni, entrambe per le edizioni Colophon di Belluno; Casi, prose, Università di Verona; Il viaggio, la luce, con disegni di Nino Lupica, Città di Pienza; l’anastatica di Avvento notturno, S.Marco dei Giustiniani).

Il 9 novembre prima entrata a Palazzo Madama, vi sarà ancora il 15 dicembre e il 10 febbraio; lo accompagna sempre Caterina Trombetti, che gli è vicina da qualche tempo. Prende molto seriamente, ad onta della tarda età, il suo nuovo ruolo senatorio, intervenendo sui rischi di manomissione ostituzionale del paese, non senza polemiche, che non poco lo amareggiano. L’11 febbraio 2005 riceve l’ultima sua cittadinanza onoraria da Gubbio con una cerimonia affollatissima e molto commovente, durante la quale difese ancora una volta il primato assoluto della lingua italiana. L’ultimo intervento pubblico è il 18 febbraio 2005 per la liberazione della giornalista Giuliana Sgrena, rapita in Iraq.

Si spegne serenamente, all’improvviso, nella sua casa di Bellariva 20 (Firenze) al mattino del 28 febbraio 2005. Solenni funerali in Duomo officiati dagli arcivescovi di Firenze Piovanelli e Antonelli, alla presenza del Capo dello Stato, politici e sindacalisti e migliaia di cittadini. Nel breve saluto il figlio Gianni ricorda la ferma testimonianza paterna del «vero, il giusto, il diritto» attraverso la «parola»: «questi valori per mio padre non sono mai stati negoziabili, e anche in modo intransigente, lo ricordo fin dai tempi della mia infanzia». Riposa nel piccolo cimitero di Castello, al fianco della tomba dei genitori. Nella seduta del Senato del 2 marzo si pubblica il saluto preparato da Mario Luzi e non ancora pronunciato: «L’Italia è un grande paese in fieri, come le sue cattedrali. Lo è secolarmente, non discende da una potestà di fatto come altre nazioni europee, viene da lontani movimenti sussultori fino alla vulcanicità dell’Otto e del Novecento».

In questo anno centenario, 1914-2014, molte sono le manifestazioni culturali di ricordo e approfondimento (convegno studi all’Università Cattolica di Milano con il sostegno del Centro Culturale alle Grazie dei Padri Domenicani; fascicoli di riviste come “istmi”, a cura di De Signoribus; la riedizione di Autoritratto (ed. Metteliana-CentroStampa) con nuova introduzione di Marco Marchi); in particolare ricordiamo la mostra itinerante (Mendrisio, Pienza, Siena) Mario Luzi – le campagne, le parole, la luce, promossa dall’Associazione Mendrisio Mario Luzi Poesia del Mondo in collaborazione con il Museo d’Arte di Mendrisio e le novità editoriali come la raccolta delle Prose (ed. Aragno) e delle Poesie ultime e ritrovate (ed. Garzanti).