La Gazzetta dello Sport: Libro-gioiello con Buzzati, Gatto, Montanelli

Libro-gioiello con Buzzati, Gatto, Montanelli. Così Coppi ha conquistato la letteratura

Ne avevo visti scalatori… Ma adesso vedevo qualcosa di nuovo, aquila, rondine, alcione…
ORIO VERGANI al Giro 1940

Sull’Izoard vedemmo Bartali che da solo inseguiva, e Coppi era già passato da un pezzo
DINO BUZZATI al Tour 1949

Bartali e Coppi, la medesima differenza che c’era, nel 1935, tra una Fiat e una Bugatti
CURZIO MALAPARTE

«Fausto Coppi. Il grande airone vola ancora». È il più bel libro sul Campionissimo. Il motivo è semplice: lo hanno scritto le penne più nobili. Da Dino Buzzati a Curzio Malaparte, da Indro Montanelli a Vasco Pratolini, da Orio Vergani a Anna Maria Ortese, da Gianni Brera a Giovanni Arpino, da Bruno Raschi a Candido Cannavò, passando per Bruno Roghi e Sergio Zavoli, Alfonso Gatto e Giorgio Fattori, Pierre Chany e Enzo Biagi, con un’introduzione strepitosa di Aldo Grasso e i contributi di Alfredo Martini e Fabio Caminada. È uno stupendo mosaico realizzato da Giuseppe
Castelnovi e Paolo Andrea Mettel. Non un libro commerciale, maun omaggio a Coppi. Tirato in 500 copie su carta a mano, non è in vendita. Un monumento di carta, a 52 anni dalla morte. Coppi lo merita.

Fausto Coppi non interessa solo la storia dello sport, ma quella della cultura. Il pezzo che Dino Buzzati scrisse per «Il Corriere della Sera» il 10 giugno 1949, al termine della Cuneo-Pinerolo che Coppi vinse dopo 192 km di fuga solitaria con 11’52” su Bartali, è un gioiello della letteratura prima che dello sport. Noi non scriviamo per i nostalgici di un passato che non esiste più. Scriviamo per i giovani. Il nostro giornale vuole far loro sapere chi era questo cavaliere, abitato dal mistero e dalla magìa. Questo leggendario atleta che incantò Montanelli, occhi di bragia. Questo re del Giro, che, nel giorno di
riposo a Pescara, volle insegnare al poeta Alfonso Gatto ad andare in bicicletta. Quando la mano di Coppi lasciava la sua sella, però, Gatto continuava a cadere. Il risultato, in apparenza, fu disastroso. Manon lo fu, perché il poeta, raccontando quell’episodio su «L’Unità», ci regalò una frase memorabile: «Cadrò, cadrò sempre fino all’ultimo giorno della mia vita, ma sognando di volare».

Coppi non ha prodotto solo polvere, ma anche poesia. Ha prodotto rinascita dopo le macerie della guerra. Oggi, in piena crisi, dove stiamo maltrattando la nostra ricchezza più grande, i giovani, Fausto Coppi è un invito a risorgere. È una metafora di salvezza. Per questo «La Gazzetta dello Sport» lo propone.
Buzzati paragona Coppi ad Achille. Un eroe vivo a tremila anni dalla sua morte. E Coppi, fino a quando vivrà? Coppi sfida l’immortalità. Aldo Grasso scrive
che «Il mito resiste nel tempo perché è continuamente alimentato dal racconto, si rinnova con mille varianti, con nuove storie…». E ne dà subito la prova, ricordando, «per la straordinaria capacità di scaraventare l’ascoltatore “in media res”», il famoso “incipit” del radiocronista Mario Ferretti: «Un uomo solo è al comando, la sua maglia è bianco-celeste, il suo nome Fausto Coppi» e osando scrivere: «Potrebbe essere un calco del Vangelo
di Giovanni: “In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio”». Chi oggi viene a Castellanìa, si chiederà il perché di quella gente
che sale, in un viaggio rituale, su quelle colline piene di fango e di freddo. Scoprirà che nella dimensione della memoria la morte incontra la vita e il dolore sboccia nel sorriso. Vedrà le lacrime diventare diamanti.

Di Claudio Gregori per la Gazzetta dello Sport (lunedì 2 gennaio 2012, pag. 23).