Il Sole 24 Ore: L’inedito di Mario Luzi e la “poesia” che non muore mai

di Armando Torno (link)

La poesia non è morta, anche se qualcuno lo ripete da tempo. Soffre soltanto per la crisi culturale che ci ha assaliti, la medesima che strozza giorno dopo giorno l’editoria; è difficile trovarla in libreria, come accadeva sino a un ventennio fa, riconoscerla, parlarne. La rete? Imprudente per ora rispondere perché la poesia, come la Chiesa, si regola con i secoli. Giovani poeti? Ce ne sono moltissimi. Una prova si è avuta a Firenze lo scorso 28 febbraio, a Palazzo Vecchio, nel Salone dei Cinquecento.

Nell’ambito di un incontro per ricordare Mario Luzi a dieci anni dalla scomparsa, dove si è presentato un inedito del poeta (un commento alla lauda di Jacopone “Donna de Paradiso”, pubblicato a cura di Stefano Verdino in una plaquette realizzata da Paolo A. Mettel) sono stati premiati i vincitori della quarta edizione del premio “Firenze per Mario Luzi”. Ebbene: erano ragazzi delle medie e dei licei. Tutti hanno scritto poesie che poi hanno letto. Non erano banali, né scontate.

Plaquette sfogliabile online: Mario Luzi: «Il pianto di Maria»

Certo, le collane di poesia dei grandi editori fanno quel che possono. Se si esclude la regolarità con cui esce la serie di Einaudi (è appena uscita una nuova versione di Villon e poi “La misura dello zero” di Bruno Galluccio), il resto è affidato a piccoli editori fedeli. Quali, per esempio, Crocetti o La Vita Felice. Oppure ecco la poesia in raffinate collane di classici. Sembra lontana da noi, ma non lo è. Un esempio?

Carocci pubblica una “Biblioteca medievale” giunta al 148° titolo. Vede la luce, a cura di Patrizio Tucci, “Charles d’Orléans e i poeti di Blois. Rondò di conversazione” (pp. 280, euro 38). Si torna al Quattrocento. Alla corte di Blois, appunto, il “Livre des Ballades de Monseigneur” diventò un testo collettivo: alla sua composizione parteciparono non soltanto le strofe del signore, ma anche quelle di altri poeti quali Alençon, Blosseville, Estienne Le Gout (era segretario di Charles), Torsy, il ricordato Villon oltre, ovviamente, il duca d’Orléans. Che dire? Innanzitutto che collane come questa di Carocci sono fonte di sorprese e scoperte: vanno sempre seguite. E inoltre che il passato ci può insegnare che la poesia non guarda i ceti sociali ma è aperta, disponibile, indispensabile. Il magnifico duca accanto al suo dipendente, Villon ladro e assassino, o qualche altro blasonato non si distinguono quando sono poeti.