Il perfezionista da riscoprire

Il Sole 24 Ore “Il perfezionista da riscoprire” di Armando Torno

Ospedale di Lugano, notte tra l’11 e il 12 giugno 1995. Tra i degenti c’è un personaggio illustre, anzi un pianista celebre come nessun altro. Il suo nome? Arturo Benedetti Michelangeli. È stato ricoverato in seguito a problemi cardiaci. Dopo i dodici rintocchi la situazione precipita, in pochi minuti, come sovente accade; e il cuore non regge. I progetti, le sue dita magiche, lo sguardo che riesce a leggere uno spartito con la velocità di un lampo e lo spirito sensibilissimo abbandonano la dimensione del tempo. E si inoltrano nel silenzio dell’eternità.

Sono passati vent’anni e l’assenza di Bendetti Michelangeli è ancora forte, forse ancora più dei ricordi, delle incisioni rimaste, degli eventi indimenticabili. Era già un mito durante i giorni della sua vita, ora ci accorgiamo che le incisioni da lui lasciate sono sinonimi di assoluto, anche se la nostra epoca è allergica alle tradizioni, al carattere aristocratico (da non confondere con certa arroganza di nuovo in voga) e al bisogno di perfezione che lo accompagnò senza requie. Chi era quest’uomo rifugiatosi a Pura, in Svizzera, in un volontario esilio?

Benedetti Michelangeli deve, in buona parte, essere ancora scoperto. Occorrerebbe studiare a fondo le sue diteggiature (non sono state distrutte); la biografia necessita che si dimentichi qualche leggenda metropolitana circolante sulle stravaganze, ché tali non erano se si tiene conto del carattere schivo, appartato, essenziale in ogni cosa. Fu un artista che giunse a rifiutare montagne di soldi, che disse “no” a otto lauree honoris causa, che non accettò titoli con o senza le relative patacche; anzi molte volte restituì gli allori. Valgano per tutti le risposte che fece seguire alle proposte giunte dal Quirinale, per l’interessamento di almeno due Presidenti della Repubblica: si ritirò sussurrando che era monarchico. Una legittima difesa più che una dichiarazione politica. Aveva bisogno di silenzio, di concentrazione; era per lui indispensabile soffermarsi due o tre ore su una nota, magari litigando con il suo accordatore Angelo Fabbrini, al quale chiedeva l’impossibile, misurandogli i nanometri delle corde.

Il suo mondo era lì, sotto i tasti del suo Steinway; il suo istinto vagolava tra la tavola armonica e il somiere o in qualche altra parte della macchina da suono che egli curava sin nei dettagli atomici. Chi scrive gli ha sentito dire che ci sono pianoforti che non nascono bene e mai si potranno utilizzare, pur con tutti gli interventi tecnici, per eseguire la musica di certi autori. Il suo “difetto”? Un bisogno di perfezione. La amava. Questo singolare demone abitava in un uomo dal carattere francescano che sapeva citare a memoria versi di D’Annunzio o di Dante.

Profondamente religioso, ma non bigotto o praticante con l’inerzia dell’abitudine, il suo spirito lo si comprende rileggendo le ultime volontà. Suscitano ancora emozione: “Non deve essere annunciata la mia morte. Non deve esserci funerale pubblico. Desidero che la mia salma sia benedetta da un religioso e che sia sepolta in una cassa semplice, nella nuda terra, con una sola croce, senza lapidi, a Pura. Grazie. Arturo Benedetti Michelangeli”. Il sommo interprete di Debussy – a lui dedicò tutto il suo ultimo concerto, nel 1993 – o chi sapeva trasformare in un quadro veneziano di Canaletto l’andante della “Sonata numero 5” in do di Baldassarre Galuppi non aveva altri segreti. Beethoven ormai sordo appoggiava l’orecchio sul pianoforte per avvertire le vibrazioni dei suoni perduti, Benedetti Michelangeli si spogliò di tutto (così chiedeva a Paolo Andrea Mettel, che lo assisteva nelle questioni economiche) per capire il mistero della musica.

In questo ventesimo anniversario sarà ricordato con un film che andrà in onda su Rai 1 il 19 giugno in seconda serata: la regia è di Nino Bizzarri; l’Associazione Mendrisio Mario Luzi Poesia del Mondo, sezione Michelangeli, ha contribuito in maniera determinante alla documentazione. La medesima istituzione svizzera sta preparando due cofanetti con 4 dischi che ripropongono i concerti tenuti a suo tempo dal maestro alla presenza di due pontefici santi, Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II. I proventi, coperte le spese, andranno a papa Francesco affinché li utilizzi per opere di carità. E a ottobre partiranno iniziative per ricordare il sommo pianista: a Pura e Mendrisio, a Milano e a Firenze. Hanno ottenuto l’assenso del Quirinale: a Mettel, presidente dell’Associazione, è già stato comunicato l’alto patronato.

Che aggiungere? Semplicemente che un pianista, simile a un mistico, continua a suonare per noi. Nonostante il silenzio dell’eternità che separa i viventi dai più.

zoom