Universo e tappe di un mito

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di Roberto Corrent

da “Il Sole 24 Ore” di domenica 6 giugno 2010

Arturo Benedetti Michelangeli nasce a Brescia il 5 gennaio 1920: per una significativa coincidenza lo stesso giorno a distanza di undici anni vedrà la luce Alfred Brendel (1931) e ancora undici anni dopo Maurizio Pollini (1942). La prodigiosa serie, però, finisce qui.

Il padre di Arturo, Giuseppe, avvocato diplomato in pianoforte e composizione, si rende presto conto che il figlioletto di tre anni è musicalmente molto dotato. Arturo, che in famiglia era chiamato Ciro, per via dei suoi ricciolini dritti sul capo come il Cirillino del «Corriere dei Piccoli», possiede l’orecchio assoluto, e sotto la guida del padre inizia lo studio del pianoforte, studio che proseguirà con Paolo Chimeri. Nel 1930, al Conservatorio di Milano, diviene allievo di Giovanni Anfossi, e si diploma a quattordici anni presentando tra l’altro le Variazioni su un tema di Paganini di Brahms, un’opera che lo accompagnerà per tutto il suo percorso di interprete.

Nel 1938 partecipa al Concorso internazionale «Eugène Ysaÿe» di Bruxelles (il futuro «Reine-Élisabeth»): i giurati (tra cui Walter Gieseking e Arthur Rubinstein) assegnano il primo premio a Emil Gilels. Classificato settimo, Benedetti Michelangeli viene onorato dall’amicizia della regina Elisabetta, che chiede spiegazioni per quel risultato, scoprendo che un membro italiano della giuria aveva dato al suo connazionale “zero”… La regina organizza per il settimo classificato un concerto straordinario e gli dona dei gemelli in oro e brillanti a forma di 7. «Il sette le porterà fortuna». Sembra una fiaba, e come tale infatti continua.

L’anno successivo partecipa al Concorso pianistico internazionale di Ginevra (in giuria Alfred Cortot e Ignacy Jan Paderewski): i partecipanti suonano dietro a un paravento e la giuria li distingue dal numero loro assegnato. Ad Arturo tocca il numero sette: «È nato un nuovo Liszt», sono le parole di Alfred Cortot. Le prime incisioni in studio di Benedetti Michelangeli per La Voce del Padrone risalgono a quest’epoca: è l’inizio di un rapporto estremamente conflittuale con la sua discografia, che non ama riascoltare: «Se voglio ascoltare me stesso mi siedo e suono».

Nel 1940 viene nominato docente “per chiara fama” al Liceo Musicale di Bologna, dove sostituisce Carlo Vidusso. È questo un ruolo molto sentito da Benedetti Michelangeli che amava i suoi allievi. Per il Maestro è fondamentale che l’allievo apprenda a «pensare in modo indipendente, giacché soltanto ciò che si scopre da soli ha valore duraturo».

Nel 1949 fa parte della giuria del concorso pianistico «Premio Busoni» di Bolzano, di cui è cofondatore. Nel 1957 incide per la Emi il Concerto in sol di Ravel e il Concerto n.4 di Rachmaninov, con la Philharmonia Orchestra di Londra diretta da EttoreGracis.
Nel 1964 nasce a Brescia il Festival pianistico internazionale «Arturo Benedetti Michelangeli», che verrà esteso l’anno successivo anche a Bergamo.
Un anno dopo fonda a Bologna l’etichetta discografica Bdm, il cui fallimento nel 1968 causerà la partenza definitiva dall’Italia (dove dichiara di non voler più suonare) e il trasferimento in Svizzera.

Nel 1971 inizia la collaborazione con la Deutsche Grammophon Gesellschaft con cui registrerà fino al 1990 opere di Debussy, Chopin, Beethoven, Brahms, Schubert e Mozart. In questi anni collabora con Carlos Kleiber, Carlo Maria Giulini, Sergiu Celibidache, Cord Garben e Michael Tilson Thomas.
Il 7 maggio1993 tiene il suo ultimo recital dedicato a Debussy alla Musikhalle di Amburgo. Il 12 giugno 1995 Arturo Benedetti Michelangeli muore all’ospedale cantonale di Lugano. Diceva il Maestro: «La perfezione è una parola che ancora non comprendo. La perfezione è un limite, un circolo chiuso. L’evoluzione è qualcos’altro. Ma la cosa più importante è il rispetto per l’autore.