Mario Luzi, la vita del poeta tra immagini e parole

Nel centenario della sua nascita, alla figura di Mario Luzi, poeta e scrittore scomparso nel 2005 a 91 anni dopo essere stato nominato senatore a vita, sarà dedicato un convegno mercoledì 22 ottobre alle 16 nella Sala Capitolare del Senato della Repubblica presso il Chiostro del Convento di Santa Maria sopra Minerva. L’appuntamento è organizzato dall’Associazione Mendrisio con il centro studi Mario Luzi – La Barca.

IL CONVEGNO

All’incontro interverranno Giulio Ferroni dell’Università La Sapienza di Roma, Giuseppe Langella della Cattolica di Milano, Eugenio De Signoribus dell’Istmi di Fermo, Paolo Mettel, presidente dell’associazione Mendrisio Mario Luzi Poesia del Mondo e Armando Torno, editorialista del Corriere della sera.Durante l’evento sarà proiettato il documentario “In Toscana. Un viaggio in versi con Mario Luzi”, di Marco Marchi per la regia di Antonio Bartoli e Silvia Folchi, verranno poi presentati il nuovo Autoritratto (ed. Metteliana e Centrostampa Meucci), Prose (ed. Aragno) e Poesie ultime e ritrovate (ed. Garzanti). Infine verranno presentati gli “Atti del convegno” tenutosi alla Cattolica il 19 e 20 marzo scorsi. All’evento per Luzi partecipano anche la Fondazione Formiche presieduta dal professor Alberto Brandani e il Premio Letterario Internazionale Isola d’Elba–Raffaello Brignetti (del quale invece Brandani presiede la giuria letteraria), entrambi membri del Comitato d’Onore per il centenario della sua nascita.

L’INEDITO ↓

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formiche.net | albertobrandani.net

L’inedito di Mario Luzi. Se l’ispirazione viene da Levante

Mario LuziLuzi abitava da sempre in un piccolo appartamento di Via Bellariva 20, a Firenze. Piccolo e stipato di libri, il poeta lo viveva in modo molto sobrio. Grande, molto grande il terrazzo con una vista panoramica straordinaria. Il luogo dove il poeta passeggiava mentre scriveva e meditava.

MARIO LUZI
Dalla mia terrazza che ha una veduta periscopica quasi completa sui tetti di Firenze e sui dintorni orientali lo sguardo corre ogni mattina verso il monte dell’Incontro. E’ in lontananza una massa compatta eppure trascolorante e lieve. Da quella parte viene il giorno e discende l’Arno. Ma dietro si estende una regione fervida e invitante. Quello che i miei amici georgofili o chi per loro chiamano “il levante fiorentino”, è là. Si tratta di un paese sobrio e domestico. Essi regalano quel nome splendido e immaginoso a una terra a cui il lavoro oculato, la sapienza agricola e la saggezza amministrativa dei proprietari e dei contadini ha conferito un aspetto di fondamentale equilibrio e di parsimoniosa bellezza rustica.

Conoscevo più che altro di passaggio questo territorio, lo attraversavo o lo rasentavo andando verso Ronta, Dicomano, la parte orientale del Mugello oppure verso Poppi e il Casentino o anche entrando nel Valdarno per la vecchia via aretina … Solo in anni recenti l’ospitalità che trovo in una bella casa sulle alture di Rosano mi ha aperto una conoscenza più vasta di quella parte. La veduta che si stringe sul poggio dov’è edificata si apre azzurra e solare oppure celeste e innevata in lontananza sul Pratomagno o segue la linea di fuga risalendo la valle superiore dell’Arno. Beh, non mi ero mai fermato a lungo in quei borghi e in quelle campagne per cui ero passato tante volte e che ora vedevo dall’alto coordinati gli uni con gli altri, ben situati nella armonia di poggiate e di fondovalli. Li avevo poco frequentati Rignano, Reggello, la Rufina. Ma ero vissuto ugualmente nella rassicurante certezza che essi ci fossero e che fossero parte della terra fiorentina.

Del resto mi accadeva talvolta di fermarmi a goderne la vista dalla curva elevata di qualche strada o dal treno che l’attraversava sul vecchio e sul nuovo tracciato della linea. Variava secondo l’occasione ma era sempre un’immagine luminosa che riassumeva tanta realtà viva, fattiva.

A Pontassieve, per esempio, ero stato la prima volta con Leone Traverso, accompagnavamo in macchina – era, mi sembra, il 1936 – un nostro amico avvocato di quelli che secondo la giuliva ironia di Traverso staccava i pendagli dalla forca, a perorare in pretura. Ma ci sono tornato in circostanze più goderecce con Enrico Vallecchi e la sua brigata a qualcuna delle rinomate trattorie; ci sono passato per la Consuma, per Vallombrosa: e poi per visitare in ospedale mia moglie, vittima di un leggero incidente. Tante sono state le occasioni di costeggiare l’Arno e la Sieve specialmente dove confluiscono. E’ davvero un ganglio del corpo fiorentino dove pare metta le ali.

Il “levante fiorentino” è davvero un’espressione felice e che si presta a coprire i principali significati della vitalità: l’economia del Valdarno, la viticoltura di Pomino, le fornaci, le carpenterie, l’artigianato vario, le industrie leggere, ma anche le origini di Masaccio, di Piero e, perché no, del Sor Ardengo (Soffici), di Venturino Venturi: e i monasteri famosi o oscuri, le dispute umanistiche, le assemblee di categorie, le assise e le cerimonie musicali di oggi. Di là dall’Incontro.
Dentro o vicino il “levante fiorentino”.